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Un cluster di ricerca sul racconto criminale. Conversazione con Manuela Bertone

Nell’intervista Manuela Bertone illustra caratteristiche, progetto, programma e network internazionale dell’Observatoire du Récit Criminelcluster di ricerca del Laboratoire Interdisciplinaire Récits Cultures et Sociétés (LIRCES) dell’Université Côte d’Azur – svolgendo anche alcune riflessioni sulle funzioni esercitate dall’ecosistema transmediale (che comprende, oltre alla letteratura, il cinema, i media tradizionali e web centered, le interpretazioni critiche, ecc.) nell’invenzione e nella diffusione dell’attuale racconto criminale dedicato alle mafie, nonché sul rapporto tra dinamiche narrative e percezione della realtà. Affronta inoltre que­stioni metodologiche inerenti allo spazio interdisciplinare in cui si colloca lo studio di questi fenomeni, con particolare riferimento ai rapporti tra diritto e letteratura, tra storia e letteratura.

DOI: 10.17473/LAWART-2021-2-11

A Research Cluster on Crime Stories. A Conversation with Manuela Bertone

In this interview, Manuela Bertone describes the features, project, program and international network of the ORC – Observatoire du Récit Criminel, a research cluster of the Laboratoire Interdisciplinaire Récits Cultures et Sociétés (LIRCES) at Université Côte d’Azur. She thus refers to the role played by the transmedia ecosystem (which includes, in addition to literature, cinema, traditional and web centered media, critical interpretations, etc.) in the invention and diffusion of today’s mafia crime stories, and to the bonds connecting narrative dynamics and perceptions of reality. She also deals with methodological issues that arise in the interdisciplinary context where the study of these phenomena takes place, with specific reference to the relationship between law and literature, history and literature.

Sommario:


Abbiamo incontrato Manuela Bertone, Professore ordinario di letteratura italiana all’Université Côte d’Azur di Nizza, per discutere dell’Observatoire du Récit Criminel/Osservatorio del Racconto Criminale (ORC) di recentissima costituzione come cluster del Laboratoire Interdisciplinaire Récits Cultures et Sociétés (LIRCES) dell’Université Côte d’Azur.

LawArt: anzitutto grazie per aver accettato il nostro invito a parlare dell’ORC. Partiamo da un chiarimento sull’oggetto. Il concetto di récit criminel comprende ogni genere di narrazione che assume come oggetto il fenomeno criminale?

MB: Il nostro obiettivo è di esplorare l’attuale ecosistema transmediale per dare spazio all’analisi delle modalità di creazione, produzione, diffusione e ricezione in svariati media di opere di finzione basate sulla rappresentazione della criminalità organizzata di stampo mafioso. Attualmente, in Europa e altrove, si diffondono pratiche di ricodificazione particolarmente nutrite e variegate, delle quali è indispensabile cogliere le diramazioni e valutare la forza di propagazione: abbiamo scelto di focalizzarci su queste storie, su questo “nuovo racconto criminale” il cui successo, tra l’altro, garantisce una forte visibilità alle organizzazioni criminali, non solo quelle di matrice italiana. Non è invece nostra intenzione occuparci del tradizionale racconto giallo, già ampiamente studiato da molteplici angolature.

LawArt: Dunque le forme di narrazione che interessano l’ORC, oltre alla letteratura, sono anche il cinema, il teatro, le arti visuali?

MB: L’ORC desidera focalizzarsi in particolare sulla funzione esercitata, nel mondo d’oggi, dai vari protagonisti della costruzione e dell’invenzione del racconto criminale (autori, industrie culturali, pubblico), sui mutamenti che avvengono a vari livelli (fattuale, immaginario, sociale) quando il senso migra verso dispositivi o strumenti diversi dal supporto narrativo originario (il libro). Pertanto, ci occupiamo di situazioni di adattamento eterogenee, spaziando dai media forti o tradizionali (televisione, cinema, fumetto) ai media informali o web centered (blog, live journal, social networks, digi-novels, webisodi, giochi in realtà alternata, darkweb), non senza approfondire il ruolo esercitato dalle interpretazioni critiche, le quali legittimano, per il fatto stesso di volerle rendere intelligibili, dinamiche narrative sempre più sofisticate, codificate e autonome, capaci di spezzare il legame tra l’opera capostipite e i vari adattamenti e, in ultima analisi, di valorizzare la realtà criminale tramite rappresentazioni deviate.

LawArt: Nel saggio introduttivo del numero 36, 2019 dei «Cahiers de Narratologie», dedicato al tema Rhétorique et représentations de la culture mafieuse hai evidenziato quanto, nel racconto criminale, la «transposition symbolique façonne et influence la compréhension de la réa­lité». È da questa stessa intuizione di fondo che prende forma l’idea di costituire un Observatoire du Récit Criminel?

MB: Insieme ad Antonio Nicaso, con il quale ho scritto quelle pagine introduttive intitolate Discours mafieux, culture mafieuse, ho discusso a lungo della dimensione rituale, mitica, simbolica nella quale le mafie si sono adagiate fin dalle origini e delle rappresentazioni che le mafie danno di sé. Dai nostri scambi di idee hanno preso forma varie ipotesi di lavoro legate alla questione della rappresentazione, della narrazione, dello storytelling di mafia; ipotesi che ho condiviso con Céline Masoni, la collega docente di Scienze della Comunicazione con la quale ho costruito il progetto dell’ORC. Per evitare la dispersione e raccogliere utilmente i frutti del nostro lavoro – specie perché collaboriamo a distanza con colleghi di Paesi diversi, in più continenti – ci è sembrato necessario ideare una struttura snella, flessibile, capace di dare una forte visibilità a ricerche di vario tenore: così nasce l’ORC, luogo di incontro e scambio interdisciplinare, di lavoro condiviso. Dopo un percorso preparatorio che comprende il numero monografico dei «Cahiers de Narratologie» (36/2019), un primo convegno su «Mafie e transmedialità» (novembre 2020), un secondo su «Forme, generi e dinamiche del nuovo racconto criminale» (giugno 2021), Céline Masoni ed io stiamo approntando un volume dedicato a queste problematiche di prossima uscita a Soveria Mannelli, grazie alla disponibilità dell’editore Florindo Rubbettino e del collega Mario Caligiuri, il quale accoglierà il nostro libro nella collana Intelligence da lui diretta. Il volume non è, beninteso, un punto di arrivo, ma un primo obiettivo che raggiungiamo collettivamente, come Osservatorio, con un gruppo che ne ha accompagnato la crescita.

LawArt: La creazione di una struttura come l’ORC, suggerisce l’idea di un salto di livello, rispetto allo svolgimento di singole iniziative scientifiche, per quanto ispirate ad una linea di ricerca unitaria. Quale è lo specifico o il quid pluris di un laboratorio di ricerca come l’ORC?

MB: L’ORC fa parte di un laboratorio di ricerca, ma non è un laboratorio di ricerca: è piuttosto un laboratorio di idee, una comunità di sapere formata da persone che condividono l’esigenza di studiare, imparare e insegnare insieme. Il salto di livello, che effettivamente c’è stato, è avvenuto grazie al sostegno dell’Université Côte d’Azur, in particolare della nostra École Universitaire de Recherche, l’EUR CREATES, che ha valutato positivamente l’ipotesi di dotarsi di un Osservatorio e ha accolto l’ORC tra i “progetti emergenti” dell’ateneo, attribuendogli “finanziamenti IDEX”, dove IDEX sta per “idee di eccellenza”. Accedere al programma IDEX comporta per esempio la possibilità di acquistare materiale, avvalersi della collaborazione di stagisti, costruire e far prosperare un sito o un blog, organizzare workshop per studenti e dottorandi coinvolgendo personalità provenienti da vari orizzonti professionali (magistrati, editori, giornalisti, universitari).

LawArt: Se l’ORC guarda al racconto criminale in una prospettiva pluridimensionale, ciò implica il coinvolgimento di competenze multidisciplinari?

MB: L’ORC lavora in un’ottica decisamente interdisciplinare, coinvolgendo studiosi appartenenti a settori scientifici diversi e a vari orizzonti culturali, latori di metodi, approcci e progetti complementari, garanti della ricchezza e del futuro del dibattito. Il nostro obiettivo è di saggiare le recenti acquisizioni critiche raggiunte in diverse discipline (letteratura, sociologia, antropologia, storia, scienze politiche, scienze giuridiche, filosofia, scienze della formazione, dell’informazione, della comunicazione, studi cinematografici, tanto per evocarne alcune tra quelle già attive tra noi) per far progredire la riflessione in vivo.

LawArt: Puoi descriverci il network che hai riunito intorno a questo progetto?

MB: L’ORC si avvale all’Université Côte d’Azur della collaborazione di due grandi laboratori di ricerca, oltre al nostro LIRCES che è il laboratorio capostipite: il Centre de la Méditerranée Moderne et Contemporaine (CMMC), nel cui ambito operano prevalentemente gli storici, e il Centre de Recherche en Histoire des Idées (CRHI), dedicato agli studi filosofici. Ma la maggior parte dei partner si trovano altrove, in centri di ricerca e università italiani e stranieri. Hanno subito aderito e partecipano con grande dinamismo alle attività dell’ORC: l’Istituto Superiore Europeo di Studi Politici (ISESP) dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria; il Festival della Legalità Noi contro le mafie di Reggio Emilia; il Laboratorio universitario di pedagogia dell’Antimafia “Giuseppe di Vittorio” dell’Università della Calabria; l’Intelligence Lab dell’Università della Calabria; la Società Italiana di Intelligence (SOCINT), il Department of Languages, Literatures and Cultures della Queen’s University di Kingston (Ontario), il Groupe Interdisciplinaire de Recherche sur les Cultures et Arts en Mouvement (GIRCAM) dell’Université Catholique de Louvain. Nel 2021 ci hanno raggiunto il Corso di dottorato in Diritto e Innovazione dell’Università di Macerata e il Centro di Ricerca per l’Estetica del Diritto (CRED) dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.

LawArt: Il progetto oltre ad essere interdisciplinare ha dunque anche una spiccata vocazione internazionale…

MB: Studiare il fenomeno mafioso, da qualsiasi punto di vista lo si voglia affrontare, significa essere disposti ad aprirsi all’intero pianeta. La dimensione internazionale è per così dire “imposta” dalla pervasività del fenomeno stesso. Resta il fatto che l’ORC, sebbene si collochi in un contesto gremito di proposte altrettanto interessanti, ha suscitato interesse immediato da molte parti: ai nostri convegni, ai nostri incontri, partecipano persone di vari orizzonti professionali (cineasti, registi, scrittori, magistrati, critici letterari, giornalisti) che operano in una decina di Paesi.

LawArt: A proposito di apertura internazionale, consultando il vostro sito e i materiali di presentazione, ci ha colpito un aspetto: la scelta del multilinguismo. Come sai anche LawArt, un po’ in controtendenza con altri progetti editoriali, punta sul multilinguismo per sviluppare il proprio profilo internazionale… puoi spiegarci le ragioni di questa scelta nel caso dell’ORC?

MB: La comunicazione scientifica è ormai da molti anni vincolata alla lingua inglese. Ciò non toglie che le altre lingue sono vettori di saperi, di culture che non si possono tramandare integralmente attraverso la traduzione in inglese. All’ORC, utilizziamo correntemente tre lingue, il francese, l’italiano, l’inglese, ma non è nostra intenzione cancellare le caratteristiche specifiche di contributi provenienti da altri orizzonti linguistici. Come voi, ideatori della rivista LawArt, siamo latori di un’azione che valorizza il multilinguismo, la conservazione della diversità linguistica e culturale, con l’auspicio che, in questo nostro contesto di uniformizzazione e globalizzazione, l’Università continui a essere piuttosto un luogo di libera diffusione di una pluralità di lingue, linguaggi e conoscenze.

LawArt: Torniamo per un momento sul tema dell’interdisciplinarietà considerando aspetti di specifico interesse per LawArt. Come si colloca, a tuo avviso, il problema giuridico nel quadro dei temi di interesse dell’ORC? Come si relazionano diritto e letteratura nel quadro del racconto criminale?

MB: Come tutti sappiamo, occupare lo spazio dell’interdisciplinarietà non è facilissimo, perché siamo tutti vincolati ai concetti, ai dati, ai linguaggi delle nostre discipline. E però l’interazione concettuale e lo scambio di epistemologie sono necessari dal momento che il nostro obiettivo è il dialogo che conduce al reciproco arricchimento. Letteratura e diritto dialogano da tempo, non solo per confrontarsi, ma per aiutarsi a percepire vari livelli e varie forme di percezione, elaborazione, problematizzazione delle idee, del rapporto tra parole e cose. All’ORC partiamo dall’idea che “racconto” è il potentissimo denominatore comune che lega varie discipline, anzitutto il diritto, le arti figurative, la letteratura: per questo motivo abbiamo fin dall’inizio dialogato con i redattori di LawArt: come loro, siamo anche noi consapevoli della difficoltà del coniugare ambiti disciplinari diversi, specie quelli che a lungo hanno dimostrato una certa diffidenza gli uni verso gli altri (molti cultori del diritto sono ancor oggi disposti a riconoscere soltanto un ruolo limitato, ancillare, alle arti, perché ritengono – fuorviandosi – che solo la legge è in grado di codificare la realtà e dare regole al corpo sociale). E, come loro, siamo decisi ad osservare i nostri racconti da un punto di vista diverso, problematizzando le nostre stesse conoscenze, accogliendo testualità disparate nel nostro spettro d’analisi, nel nostro sapere critico, liberandoci di schematismi e scardinando paletti, pur senza dimenticare che siamo tutti latori di competenze differenti.

LawArt: Pensi che l’approccio analitico che l’ORC propone per lo studio del racconto criminale (attenzione alla performatività della narrazione e al discorso costruito attraverso essa, al suo rilievo sociale ed etico, ecc.), possa valere anche per lo studio del discorso giuridico sul fenomeno criminale?

MB: Non sono certo in grado di riflettere sulla produzione del sapere giuridico, su quella i giuristi chiamano, credo, “dottrina”. Si tratta di una questione che compete ai giuristi, ai teorici del diritto. Ma da praticante dell’interpretazione di testi letterari e teorico-critici, dico che il discorso giuridico mi interessa quando ha un impatto sulla costruzione del discorso letterario, quando la letteratura, come ha recentemente suggerito Massimo Meccarelli (in un saggio pubblicato nel primo numero di LawArt) «apre una finestra proprio sul diritto in azione» e «si pone come una fonte che a pieno titolo contribuisce al compito di storicizzare l’esperienza giuridica corrispondente alle vicende narrate» in un romanzo o in un film, per esempio. Mi interessa altrettanto il diritto quando viene osservato dal punto di vista del discorso critico-letterario, come letteratura, come narratio, come “racconto della legge”; e mi rallegra sapere oggi che molti giuristi sono capaci di aprirsi al diritto studiato come letteratura, come forma singolare di letteratura, anziché limitarsi al diritto visto attraverso la letteratura.

LawArt: Una domanda simile vogliamo rivolgertela anche in relazione all’altro campo del sapere nel quale LawArt intende operare: quello della storia. Nel discorso storico è indubbio il profilo performativo della narrazione, ma c’è una diversa oggettività alla base del discorso creativo rispettivamente della storia e della letteratura? E la letteratura può costituire una fonte per fare storia?

MB: Oggi, che la letteratura sia una fonte per gli storici è un fatto accertato e accettato: molti lavori redatti da storici hanno dimostrato che la letteratura è un documento, tanto per ragioni di forma che di contenuto. Pensiamo per esempio a Il formaggio e i vermi di Carlo Ginzburg, che cerca di ricostruire le vicende del mugnaio Menocchio attraverso il corpus di testi da lui posseduti, evocati negli atti processuali, dai quali questi trae le idee che lo condurranno alla condanna per eresia. Sta di fatto però che la letteratura, per gli storici, ha a lungo rivestito un ruolo secondario, perché è una fonte che non svela i fatti, ma è un’invenzione che nel migliore dei casi narra il verosimile; nel peggiore, l’inventato (dunque: il falso). Non dimentichiamo però che gli storici hanno saputo distinguere i vari tipi di testualità letteraria: le memorie e le cronache non vengono trattate come i romanzi o le opere teatrali. In sostanza, gli storici fanno generalmente prova di grande cautela, attribuendo livelli di legittimità non identici a tutti i testi letterari. La storia culturale e la storia sociale hanno talvolta commesso l’eccesso opposto: non solo non hanno rifiutato la letteratura come fonte attendibile, ma hanno addirittura utilizzato i testi come indizi e documenti, trascurandone spesso le caratteristiche letterarie, specie la forza inventiva.

La storia è a sua volta narratio: secondo alcuni questa sarebbe una sua debolezza; per molti storici, invece, la consapevolezza creativo-narrativa è un punto di forza del discorso scientifico elaborato dalla disciplina. Lo storico ricerca la verità oggettiva, come asserisce Ginzburg, ma sa che essa è una mèta a cui tendere, consapevole del fatto che il discorso storico si avvicina al vero, al dato, al fatto, in modo perennemente asindetico. Nella sua scrittura della storia, diversamente dallo scrittore di testi di finzione, lo storico non ammette l’invenzione; pertanto il suo modus operandi è analogo a quello di chi fa critica letteraria, sempre attento alla materialità del testo, alla datità dell’oggetto sul quale esercita le proprie doti di esegeta.

LawArt: Ci siamo fin ora soffermati sugli aspetti scientifico-metodologici del progetto; ma da come ci hai illustrato le finalità dell’ORC, sembra di intuire che non voglia essere solo una struttura che promuove la ricerca scientifica… come si colloca all’interno delle attività universitarie?

MB: L’ORC ha già stretto rapporti di collaborazione non solo con strutture di ricerca, bensì con programmi di studio. Vorrei sottolineare, ad esempio, che il partenariato a cui ho già accennato con il Corso di dottorato in Diritto e Innovazione dell’Università di Macerata, si è concretizzato anche attraverso lo strumento della co-tutela delle tesi di dottorato. L’integrazione tra ricerca e didattica è per noi più che un obiettivo, un’esigenza, un valore da perseguire. Viste le tematiche che affrontiamo insieme ai colleghi delle diverse strutture con le quali collaboriamo, la nostra non può che essere essere una ricerca che alimenta la pratica didattica, una ricerca-azione che costruisce e diffonde consapevolezza sulle questioni che affronta.

LawArt: È prevista anche un’apertura alla società civile, una forma di pub­lic engagement nelle attività dell’ORC?

MB: Mi piace sottolineare che insieme a personalità di fama, studiosi delle mafie e esperti dell’antimafia, lavorano con noi molti giovani di varie aree professionali e geografiche: studenti, reporter, registi, blogger. Cerchiamo di coinvolgere anche i ragazzi delle scuole, per esempio nell’ambito delle Journées du Cinéma Italien, il festival del cinema italiano di Nizza, del quale l’ORC è uno dei partner: nell’ultima edizione (la 35a), abbiamo curato la presentazione de Il traditore e di La paranza dei bambini, entrambi in competizione per il premio della giuria dei giovani. Un programma di “educazione alla legalità” è attualmente allo studio: con i colleghi dei licei, abbiamo deciso di impegnare i ragazzi nella traduzione di una serie di video sulle mafie già in uso in alcune scuole italiane, attraverso la collaborazione con il progetto-festival Noi contro le mafie diretto a Reggio Emilia da Antonio Nicaso. Le istituzioni locali non sono insensibili al nostro operato. Vero è però che il problema delle mafie non è sentito né affrontato apertamente ovunque quanto in Italia o in certe zone degli Stati Uniti e del Canada; quindi non è sempre facile trovare ascolto su un tema delicato che preme soprattutto eludere anziché porgere all’ascolto dei più.

LawArt: Considerata questa molteplicità di versanti su cui l’ORC vuole impegnarsi, come intendete veicolare la sua visibilità e le sue iniziative? Avete scelto la piattaforma hypotheses per il sito dell’ORC, cosa vi ha indotto a questa scelta?

MB: L’ORC è ormai presente su Internet come blog scientifico, ospitato su hypotheses, la nota «platform for humanities and social science research blogs» (https://orc.hypotheses.org/). Abbiamo optato per hypotheses perché è una piattaforma selettiva, che ospita soltanto progetti vagliati e approvati da una commissione di esperti. La visibilità del nostro lavoro è ovviamente migliorata da quando siamo in rete. Le rubriche che proponiamo contengono notizie su incontri seminariali, convegni e pubblicazioni non soltanto nostri, ma anche dei nostri partner, con link e notizie in formato RSS che consentono di accedere rapidamente ad aggiornamenti su proposte esterne all’ORC. Pubblichiamo inoltre brevi articoli e recensioni di produzioni scritte e audiovisive. Il blog vuol essere anche uno strumento di accompagnamento per chi studia il fenomeno mafioso e di sensibilizzazione per coloro che si avvicinano al terreno impervio delle attuali rappresentazioni delle mafie. Ci auguriamo di riuscire a mantenere il ritmo di lavoro sostenuto che ha contraddistinto i primi due anni di attività. Insieme ai membri del Consiglio scientifico dell’ORC, cerchiamo di orientarci solo verso obiettivi utili e realizzabili in tempi ragionevoli, con l’auspicio di crescere e produrre risultati importanti.

LawArt: Puoi darci qualche anticipazione sui prossimi programmi dell’ORC?

MB: Un’anticipazione su un progetto che sta prendendo forma: si intitola Out of Italy. Récits et images des mafias du monde e riguarda la rappresentazione delle mafie fuori dal contesto italiano. Il titolo è da intendersi nella doppia accezione suggerita dalla locuzione inglese, vale a dire ciò che si svolge fuori dall’Italia, ma anche ciò che proviene o viene portato fuori proprio dall’Italia. Potremo così studiare meglio le diramazioni delle principali mafie italiane e dare spazio a mafie nate e proliferanti in altri paesi, da quelle più antiche (la yakuza giapponese, per esempio) a quelle di conio più recente, legate in particolare al narcotraffico. Nel prossimo futuro l’Observatoire proporrà on line i «Cahiers de l’ORC/Quaderni dell’ORC», in modo da raccogliere in forma organica i risultati delle numerose iniziative di incontro e studio attualmente in cantiere. Ma la pubblicazione avrà una doppia vita: sia sul sito dell’ORC che, in forma cartacea, alla Queen’s University di Kingston (Ontario), grazie all’impegno di Donato Santeramo, Chair del Dipartimento di lingue e culture straniere, e Antonio Nicaso, che alla Queen’s insegna Storia della criminalità organizzata, entrambi coinvolti nelle nostre iniziative fin dalle origini del progetto.