LawArtISSN 2724-654X
G. Giappichelli Editore

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Il Ritratto del giurista Francesco Righetti del Guercino. Conversazione con Vittorio Sgarbi


The Portrait of Francesco Righetti by Guercino. A Conversation with Vittorio Sgarbi

Uno dei più significativi e misteriosi ritratti di giuristi è il dipinto che raffigura il doctor Francesco Righetti (Cento, 1595-1673), olio su tela datato tra il 1626 e il 1628, opera del famoso Maestro Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (1591-1666). Significativo per la notevole biblioteca giuridica che si rende visibile alle spalle del giurista, con i titoli dei volumi ben leggibili sui tagli dei libri, posti su scaffali disadorni; misterioso per la parte destra della tela: uno sfondo buio, che si confonde con la toga del doctor, il cui viso spicca grazie alla luminosità dell’ampio colletto bianco. Righetti tiene in mano la Practica criminalis di Giulio Claro, dietro di lui il Codex e le Decretales, le Decisiones della Rota romana e di Giacomo dal Pozzo jr., ma soprattutto le opere di Prospero Farinaccio, Roberto Maranta, Stefano Graziano, Domenico Toschi, Giovan Pietro Sordi. Come è stato evidenziato dal notevole saggio di Richard H. Helmholz (The Library in Guercino’s Portrait of a Lawyer, in Accademia Clementina. Atti e Memorie, nn. 30-31, Bologna 1991, pp. 184-188), Guercino mette in mostra la cultura giuridica di Righetti: essenzialmente pratica, non di un giurista di scuola, ma di un bravo avvocato[1]. Le più recenti tendenze storiografiche stanno rivalutando proprio questi giuristi cosiddetti ‘pratici’, fino a poco fa ritenuti non rilevanti rispetto ai più noti doctores che insegnavano nelle università, sui quali l’illumini­smo giuridico non fu certo generoso: in effetti invece importanti per la esperienza giuridica dei secoli XVII e XVIII.

Il ritratto di Righetti evidenzia come il suo ruolo e il suo potere si fondino soprattutto sui libri: è in piedi davanti alla propria biblioteca, non ha documenti in mano, da cui evincere il nome, alla maniera di altre raffigurazioni; non è seduto a scrivere, come nelle più tarde rappresentazioni di giuristi. Mancano simboli di potere e ricchezza, tendaggi, finestre aperte sulle terre di famiglia, mobili: il fondo buio alle spalle del doctor trascina immaginazione e fantasia, facendo risaltare il suo viso e i suoi libri, veri protagonisti del dipinto. Giacomo Pace Gravina conversa con Vittorio Sgarbi, noto storico dell’Arte e critico, curatore di mostre internazionali, autore di numerosi e apprezzati saggi su arte, pittura, tutela del patrimonio culturale, nonché proprietario dell’opera del Guercino, attualmente collocata a Ferrara, Fondazione Cavallini Sgarbi.

Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, Ritratto del doctor Francesco Righetti, Ferrara, Fondazione Cavallini Sgarbi (per gentile concessione del Prof. Vittorio Sgarbi)
Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, Ritratto del doctor Francesco Righetti,
Ferrara, Fondazione Cavallini Sgarbi (per gentile concessione del Prof. Vittorio Sgarbi)

LawArt: Hai affermato: «non si trova ciò che si cerca, ma si cerca ciò che si trova seguendo il caso e il destino». È proprio il destino che ti ha fatto incrociare Righetti per riportarlo a casa, nella tua Ferrara, vicino a Cento? Un lungo viaggio, dalla collezione di Eugenio di Beaurnahis a quella di suo nipote a San Pietroburgo; poi a Parigi, poco avanti della Prima Guerra mondiale, fino al Kimbell Art Museum di Fort Worth, in Texas, per tornare in Italia: come hai espugnato Fort Worth, noto al grande pubblico per il capolavoro I Bari di Caravaggio?

VS: Il mio incontro con il dipinto è indissolubilmente legato alla visione che mi sono formato del collezionismo. In genere a tale riguardo prevale una idea tematica: esistono numerose raccolte di nature morte, di ritratti, c’è perfino chi colleziona solo ritratti a mezza figura. Questo è un tipo di collezionismo che definirei davvero maniacale. La mia idea è invece legata profondamente alla identità di storico dell’arte. Ogni opera rappresenta un testimone di un’epoca, come in uno scavo archeologico vi possiamo rinvenire testimonianze del passato, tracce di storia: per me è fondamentale la ricerca di opere ove sia prevalente proprio questo senso della storia.
Possedevo già un Guercino, ma, quando ho visto questo, mi si è palesato come un miraggio, inarrivabile. Il mio rapporto con il ritratto di Righetti è risalente. Un noto pittore su cui ho scritto, Lino Frongia, che ho definito «il più grande pittore antico vivente», volle offrirmi in segno di gratitudine una sua opera. Nel frattempo il ritratto di Righetti era apparso in una mostra a Bologna, e me ne invaghii: richiesi al giovane pittore di riprodurlo da una foto del catalogo, e Frongia ne fece una copia fedele, in cui tuttavia l’incarnato del giurista era più cereo, come tipico della sua tavolozza.
Tenevo il dipinto a casa, a Palazzo Pamphili, e una sera alcuni amici artisti lo hanno scambiato per l’originale. Questo rapporto di inganno e di mancanza di stupore per il fatto che possedessi il ritratto è forse prodromica alle vicende che di lì a poco seguirono.
Il noto esperto d’arte statunitense Edmund P. Pillsbury, proprietario dell’opera, la aveva depositata nel 1991 nel museo da lui diretto, il Kimbell Art Museum di Fort Worth, con promessa di donarla all’istituzione. Ma un contrasto sorto in seguito con l’organismo di gestione del trust lo convinse a riprendersi il ritratto di Guercino, e ad affidarlo nel 2004 ad un’asta londinese di Sotheby.
La notizia che il ritratto era disponibile sul mercato d’arte, insieme al possesso della copia, mi indussero a desiderare l’originale per la mia collezione: valutavo il dipinto intorno a 700-800.000 sterline, ma in effetti questo fu battuto a 380.000. In genere, quando si presenta l’occasione di acquisire un quadro eccellente come questo, spesso sono carenti le risorse economiche necessarie, come sostiene un vecchio adagio dei collezionisti: «quando ci sono i quadri non ci sono i soldi, quando ci sono i soldi non ci sono i quadri». Riuscii comunque a reperire le risorse necessarie, e mi aggiudicai l’opera.
Posso vantarmi di aver innescato un processo virtuoso, avendo fatto tornare in Italia un dipinto di un artista famoso come il Guercino, in controtendenza a ciò che accade generalmente: assistiamo ad una continua emorragia di opere d’arte che vengono acquisite, legalmente o illegalmente, da collezioni estere.

LawArt: Perché acquistare il ritratto di un giurista? Il genere non è apprezzato da tutti i collezionisti, proprio per le sue caratteristiche che lo rendono meno ‘decorativo’: abiti neri, libri… quale fascino ha esercitato su di te il ritratto di Righetti?

VS: Il ritratto colpisce per il viso di Righetti: vi appare come una persona semplice e dedita ai piaceri della vita, in contrasto con la rappresentazione contenuta in altri ritratti di giuristi, con visi seri, esangui, talvolta grifagni: nella produzione del Guercino, pittore il cui stile poi diventa ‘accademico’, il ritratto si connota come ‘vero’, coglie a fondo l’intima essenza del personaggio. Inoltre la biblioteca intesa come scenografia, in un’opera del 1628, ne fa la più bella natura morta dell’epoca, elemento davvero insolito che connota il quadro come uno dei dipinti più significativi di Guercino.

LawArt: Come contestualizzi questo ritratto nell’opera di Guercino?

VS: Guercino prende le mosse dal realismo caravaggesco: il pittore si muoveva nell’ambito di una pittura d’atmosfera ancora negli anni Venti del Seicento. Rientra nella logica di quel periodo uscire da tale contesto per addentrarsi in una dimensione più realistica: Barbieri non si connota come un grande ritrattista, ma ha una buona comprensione della identità, della vita dei personaggi. Così la raffigurazione di Righetti si rivela più sensuale, una figura concreta rappresentata nella sua realtà emotiva.

LawArt: Il ritratto di Righetti suscita da tempo un notevole interesse da parte dei giuristi: come percepisci, da storico dell’arte, questo coinvolgimento?

VS: Quando il soggetto è così vicino alla vita lo si apprezza maggiormente; si tratta di un bel quadro che rappresenta il giurista, Guercino ha saputo creare un’opera fedele al personaggio rappresentato. Il giurista viene mostrato come molto vitale, e in quella vita c’è ogni elemento in più che possiamo cogliere sul dipinto. Questo diviene così un importante documento per lo studio della società del tempo, della cultura, anche giuridica. Sono i titoli dei testi, scritti sui tagli dei libri, a mostrare la complessità della scienza legale di Righetti: non simboli e segni del potere del giurista, solo i libri, su una scansia spoglia, ci offrono la dimensione storica del soggetto rappresentato.

Fascicolo 3 - 2022