LawArtISSN 2724-654X
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo pdf articolo pdf fascicolo


Ei fu… il codice (anche). La costruzione di un mito attraverso le immagini (di Stefano Solimano, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)


Si intende ragionare intorno alla genesi, allo spirito, ai contenuti e alla fortuna (se non al mito) del codice civile del 1804 alla luce delle rappresentazioni dello stesso coeve e successive all’età napoleonica.

DOI: 10.17473/LAWART-2021-2-2

Ei fu… the Code (also). The Construction of the Myth through the Images

This study intends to analyse the genesis, the spirit, the content and the success (if not the myth) of the Napoleonic code in light of the representations which are contemporary and following at the Napoleonic age.

1. Premessa - 2. Iconografia coeva - 3. Le rappresentazioni successive alla caduta di Napoleone - Bibliografia - NOTE


1. Premessa

Nel 1986 Jean Carbonnier aveva suscitato un certo scalpore nel suo paese allorché, in un volume dedicato ai luoghi identitari della nazione, aveva definito il code civil la vera costituzione civile della Francia: «il a bien le sens d’une constitution, car en lui sont récapitulées les idées autour desquelles la société française s’est constituée au sortir de la Révolution et continue de se constituer de nos jours encore, développant ces idées, les transformant peut-être, sans jamais les renier» [1]. Codice civile quale lieu de mémoire per eccellenza, dunque. In quella sede l’indimenticabile doyen aveva voluto riprodurre un francobollo, realizzato nel 1973, intitolato préparation du code civil, piuttosto singolare, in quanto alla consueta figura di Napoleone veniva affiancato il ritratto di Portalis – il membro più illustre della commissione incaricata nell’estate del 1800 di approntare il codice –, senza dubbio uno dei giuristi più interessanti dell’occidente moderno [2]. I Francesi sembravano riconoscere nel codice non solo un fatto di volontà politica (e cioè della puissante volonté dell’Imperatore) ma anche un atto di razionalità scientifica (la sintesi dell’esperienza giuridica plurisecolare della Nation). Si trattava di una nuova prospettiva, se pensiamo alle rappresentazioni realizzate nel XIX secolo.

Fig. 1 – Préparation du code civil, Poste francesi, 1973Fig. 1 – Préparation du code civil, Poste francesi, 1973

Ebbene, in occasione del bicentenario della scomparsa di Napoleone, statista geniale ma senza scrupoli etici [3], danneggiato dall’estasi imperiale e dalla gestione familista del potere [4], ci è stato chiesto di riflettere intorno ad alcune immagini del Code Napoléon per mostrare come la progressiva fabbricazione del mito trovi un immediato riscontro in talune rappresentazioni figurative.


2. Iconografia coeva

La prima immagine che proponiamo è una stampa realizzata nel 1807, da François Anne David, piuttosto nota in Italia perché è stata utilizzata come sovracoperta alla lussuosissima anastatica dell’edizione milanese del codice civile trilingue del 1806, curata da Giorgio Cian nel 1989 per i tipi della Cedam [5]. In essa viene raffigurata la presentazione del code civil a Josephine da parte di Napoleone. Sono trascorsi quasi tre anni dalla solenne incoronazione a Imperatore dei Francesi a Notre Dame, il potere è ben saldo nelle sue mani.

Fig. 2 – Napoléon Bonaparte présentant le code civil à l’impératrice Joséphine, 1807,  François-Anne David, Gallica digital libraryFig. 2 – Napoléon Bonaparte présentant le code civil à l’impératrice Joséphine, 1807, François-Anne David, Gallica digital library

Napoleone sta pensando alla creazione della nobiltà imperiale. Nel 1806 ha istituito il titolo di duca, nel 1808 quello di conte, barone e cavaliere. E, ciò che più rileva, contravvenendo alle stesse disposizioni del codice, che ha equiparato i successibili, egli ha dato vita al maggiorascato, mortificando così i figli cadetti [6]. L’incisione visualizza questo momento trionfale: sullo sfondo campeggiano quattro busti di re francesi, uno di questi è distintamente Carlo Magno. Napoleone indica il contenuto del code civil appoggiato e squadernato su un leggio, in guisa di testo sacro. Non si ricaverebbe certamente dall’incisione che il testo del 1804 conserva comunque alcune conquiste della Révolution. Che poi esse non siano poi molto numerose, è un altro discorso, tuttavia è indubbio che il codice accolga il fondamentale principio di uguaglianza di fronte alla legge [7], vulnerato purtroppo nei confronti dei neri, che non possono unirsi in matrimonio con bianchi (e viceversa) [8], e degli ebrei (soprattutto alsaziani) a causa dei cosiddetti decreti infami promulgati nel 1808 [9]. Il sistema feudale è definitivamente abolito [10]; in nome della libertà dei culti il diritto di famiglia è secolarizzato. Dal punto di vista successorio le donne sono ammesse all’eredità dei genitori in concorso con i fratelli, mentre i figli naturali possono ottenere solo un terzo della quota spettante ai legittimi. La donna coniugata, tuttavia, è inchiodata ad una paralizzante incapacità di agire [11]. Si potrebbe discutere sulla reale consistenza del divorzio, in quanto la disciplina è talmente rigorosa che di fatto è quasi impossibile sciogliere il matrimonio [12]. Il padre torna ad essere il capo della famiglia [13]. In questo il codice disvela il suo carattere post-termidoriano [14]. È dalla caduta di Robespierre che nelle aule parlamentari i deputati sono sfilati progressivamente reclamando l’abolizione del divorzio e la restaurazione del potere del paterfamilias [15]. Bref, come direbbero i Francesi, Portalis e Napoleone non hanno fatto altro che sigillare tali richieste. Se vogliamo, l’incisione di David rende bene l’immagine di un codice monarchico! Un ultimo dettaglio: la pagina del Code civil è aperta sul titolo dell’adozione. È un aspetto piuttosto singolare. L’adoption è concessa a coloro che non hanno figli e abbiano raggiunto i cinquant’anni d’età. Continuità con la disciplina romanistica, cesura assoluta rispetto alla Révolution, che aveva favorito tale istituto per motivi politici, incredibile dictu, al fine di polverizzare i patrimoni dei padri, visualizzati come i nemici della Révolution per antonomasia [16]. La disciplina dell’istituto aveva impegnato grandemente il Consiglio di Stato, che con somma fatica lo aveva riammesso, dal momento che era stato escluso dalla commissione di Portalis: il deputato Berlier aveva presentato ben sette progetti, a dimostrazione del clima di sospetto e di ostilità nei confronti dell’ado­zio­ne [17]. Le parole pronunciate da un alfiere della commissione napoleonica, François Tronchet, un civilista di tutto rispetto, lasciano increduli, ma rendono bene l’atmosfera del momento: «l’adoption ne peut servir l’in­térêt public; elle n’est utile qu’à l’intérêt privé» [18]. Perché allora David ha deciso di immortalare questo istituto così divisivo e controverso? Intende plaudire semplicemente al suo ingresso nel codice? Con tutta probabilità vuole alludere alla circostanza che Napoleone ha adottato Eugenio, figlio di Giuseppina. Se Napoleone avesse voluto seguire la normativa codicistica avrebbe dovuto passare attraverso l’attento esame del giudice di pace, del tribunale, e infine della Corte d’appello, un procedimento macchinoso che costituisce un’ulteriore prova della diffidenza del legislatore nei confronti di siffatto istituto [19]. A questo punto appare necessario spendere qualche parola sull’artista: si tratta di un incisore parigino nato nel 1741 che non ha nulla in comune con il ben più celebre Jacques Louis David [20]. Dall’antico regime alla Restaurazione (muore nel 1824) François David incide soggetti di gran moda: verso la fine del Settecento pubblica ad esempio una serie di stampe sulle antichità di Ercolano, successivamente si dedica a rappresentare alcuni momenti della Révolution, del Consolato e dell’Impero. Viene considerato tuttavia un autore modesto e banale, «l’un des graveurs les plus médiocres sortis de l’atelier de Lebas» [21].

L’unico elemento che accomuna i due David nella rappresentazione di Napoleone è il richiamo a Carlo Magno [22], a voler ricordare il celebre quadro del 1801 che ritrae l’Imperatore mentre valica il Gran San Bernardo. Anche Jacques-Louis David fa riferimento al code civil in una tela commissionata da un mecenate scozzese nel 1811, pure questa piuttosto nota (che viene replicata l’anno successivo per il pubblico francese) [23]. Qui l’ac­cento è posto sulla sovrumana capacità di lavoro di Napoleone, che alle quattro e tredici del mattino è in piena attività [24], come si ricava dall’oro­logio e dalla candela accesa (per evitare fraintendimenti con il pomeriggio). Sulla destra un foglio arrotolato in cui si legge Code. In effetti Napoleone si occupava della codificazione di sera, ricevendo ammaestramenti da un giurista di grande caratura che, a causa dei suoi trascorsi giacobini, almeno inizialmente, aveva dovuto tenersi un po’ più defilato rispetto agli altri uomini di legge, vale a dire Merlin De Douai [25]. Ebbene, quest’ul­timo illustrava all’Imperatore il contenuto di quei progetti che sarebbero stati discussi in Consiglio di Stato in sua presenza [26].

L’Empereur amava poter impressionare l’uditorio con i suoi interventi e, afflitto da vera e propria posteromania, aveva deciso di far redigere i processi verbali delle sedute in Consiglio di Stato. A Sant’Elena, oltre al suo codice, ricorderà anche i resoconti delle discussioni: «ma gloire n’est pas d’avoir gagné quarante batailles, Waterloo effacera le souvenir de tant de victoires; ce que rien n’effacera, ce qui vivra éternellement, c’est mon Code Civil; ce sont les procès-verbaux de mon Conseil d’Etat» [27]. Jacques-Louis David contribuisce robustamente a fabbricare il mito del codice come prodotto di un solo uomo: su questo torneremo a breve.

Fig. 3 – Napoléon dans son cabinet de travail aux Tuileries, 1812, Jacques-Louis David © National Gallery of art, Washington, https://www.nga.govFig. 3 – Napoléon dans son cabinet de travail aux Tuileries, 1812, Jacques-Louis David
© National Gallery of art, Washington, https://www.nga.gov

Esiste anche un altro quadro coevo realizzato dall’atelier di Girodet del quale dobbiamo occuparci, sia pur per cenni assai sintetici. Napoleone, nelle vesti solenni dell’incoronazione, è ritratto mentre presta giuramento sul codice aperto. È un quadro ufficiale, concepito per essere collocato in tutte le Corti d’appello: l’obiettivo è glorificare il trionfo di Napoleone, che, anche per mezzo del code, ha pacificato e stabilizzato la società squassata nel periodo giacobino. Oggi la Francia respira, ha squillato Portalis nel Discorso preliminare al codice [28]. C’è il rovescio della medaglia: per quanto sia difficile da digerire, il diritto civile è concepito da Napoleone in una prospettiva dirigistica e accentratrice [29]. Esso rappresenta una delle masses de granit, un imprescindibile instrumentum regni. Napoleone è in piedi con lo scettro imperiale, indossa il grand collier della legion d’honneur, dietro al codice campeggia il globo imperiale. Ancora una volta l’Empereur è associato a Carlo Magno. Il Lentz ha mostrato bene come Napoleone stesso volesse ricollegarsi ai fasti dell’impero carolingio.

Fig. 4 – Napoléon en costume impérial, 1812 (ca.), Girodet Trioson, Anne Louis, Musée de MontargisFig. 4 – Napoléon en costume impérial, 1812 (ca.), Girodet Trioson,
Anne Louis, Musée de Montargis

L’immagine successiva, forse stilisticamente meno pregevole della precedente, è piuttosto interessante. Sappiamo che il testo del 1804, progettato inizialmente per la sola Francia, all’indomani delle campagne vittoriose in Europa diviene uno degli strumenti egemonici prediletti da Napoleone, in grado di dissolvere la feudalità e legare a sé il nuovo notabilato borghese. La corrispondenza dell’Imperatore con i parenti collocati sui troni degli stati satelliti è dav­vero significativa al riguardo: si tratta di un dato assai noto agli storici del diritto [30].

Nel 1807 l’Empereur affida a Bigot de Préameneu il compito di agevolare l’introduzione dell’ordinamento privatistico facendo leva sulla scientificità del codice [31], sul suo cuore antico, per riprendere l’azzeccatissima immagine di Ugo Petronio [32]. Napoleone è il novello (rectius, il moderno) Giustiniano, in quanto ha perfezionato il diritto romano, attualizzandolo, verrebbe da aggiungere leggendo il discorso di Bigot e pensando soprattutto all’operazione che Savigny e Puchta avrebbero compiuto nel pieno Ottocento, anche in chiave antinapoleonica. È il droit commun de l’Europe, squilla il civilista bretone. In realtà il diritto romano sigillato nel code civil assume un significato nuovo, nel senso voluto dal legislatore, come abbiamo cercato di mostrare recentemente [33]. Fatto sta che questa strategia discorsiva napoleonica fa breccia nel cuore dei giuristi mediterranei: a Milano, a Corfù [34], ma soprattutto a Napoli, come ha evidenziato assai bene Paola Mastrolia [35]. Nel Regno di Giuseppe e di Gioacchino il rapporto codice-diritto romano paradossalmente si rovescia. Nelle retoriche dei magistrati si insiste sulla circostanza che in fin dei conti Napoleone ha semplicemente tagliato il traguardo e solo di qualche secondo: nella loro rappresentazione i partenopei, valorizzando la tradizione, intrisa di diritto comune e di diritto patrio, erano al lavoro già dal primo terzo del Settecento [36].

Questo complesso e tormentato rapporto tra nuovo e antico diritto è ben visualizzato in un quadro conservato a Roma presso il Museo napoleonico. La tela, che doveva servire quale bozzetto per la realizzazione (mai avvenuta) di un affresco nel Quirinale napoleonico, è intitolata sorprendentemente L’imperatore Napoleone I consegna il Codice delle leggi alla Dea Roma. Utilizziamo questo avverbio perché il quadro smentirebbe la retorica discorsiva di Napoleone e di Bigot. Consegnando il codice a Roma l’Empereur intende rigenerarla: è lui, appunto, il legislator che per volere di Dio ha tratto d’entro le leggi il troppo e ‘l vano. Siamo inclini a ritenere che i giuristi italiani non avrebbero gradito l’affresco: essi avrebbero sostenuto che andava interpretato diametralmente al­l’opposto, e cioè che Roma stava consegnando a Napoleone il suo diritto perché lo accogliesse nel codice. Il pittore è il romano Luigi Agricola (padre del più noto artista Filippo), amico di Antonio Canova, apprezzato da Stendhal [37].

Fig. 5 – Napoleone consegna alla Dea Roma il codice delle leggi, Museo Napoleonico, RomaFig. 5 – Napoleone consegna alla Dea Roma il codice delle leggi, Museo Napoleonico,
Roma, inv. MN 733 Ⓒ Sovrintendenza Capitolina – Museo Napoleonico


3. Le rappresentazioni successive alla caduta di Napoleone

Passiamo ora alle immagini realizzate dal 1814 in poi.

Il primo quadro è dipinto a dieci anni di distanza dalla sua scomparsa solitaria a Sant’Elena; si tratta di una tela maestosa e tetra, piuttosto conosciuta, intitolata Napoléon Ier couronné par le Temps, écrit le Code Civil, di Jean-Baptiste Mauzaisse [38]. L’Empereur non è più assiso in cielo su una nuvola, ha le fattezze del Napoleone del 1804 (non certamente quello stanco, accasciato sulla sedia ritratto impietosamente da Paul Delaroche nel 1840), che sta incidendo la tavola del code civil. Il quadro è ricolmo di simboli allegorici: taluni sono di immediata evidenza come la bandiera reggimentale francese napoleonica, il cappello e il cappotto [39], l’isola di Sant’Elena sullo sfondo; altri meno. L’aquila viva simboleggia Napoleone per antonomasia, il vecchio alato, pronto a cingere il capo imperiale con una corona d’alloro, impersona il tempo; ai piedi dell’anziano una falce, che rimanda sì alla sorte comune degli uomini (e dunque anche a quella dell’Imperatore), ma il fatto che sia appoggiata sta a significare qualcosa, forse una concezione foscoliana della morte. L’allegoria è infatti chiara: grazie al code civil la memoria di Napoleone è imperitura.

L’opera si colloca negli anni in cui Luigi Filippo cavalca l’onda della leggenda napoleonica al fine di riconciliare una nazione divisa tra fazioni ostili che si sono combattute durante la Restaurazione [40]. A questo scopo fa collocare una nuova statua di Napoleone sulla colonna di Place Vendôme e istituisce il museo della storia di Francia a Versailles.

Fig. 6 – Napoléon Ier, couronné par le Temps, écrit le Code Civil, Jean-Baptiste Mauzaisse © RMN-Grand Palais, Musée des châteaux de Malmaison et de Bois-PréauFig. 6 – Napoléon Ier, couronné par le Temps, écrit le Code Civil, Jean-Baptiste Mauzaisse
© RMN-Grand Palais, Musée des châteaux de Malmaison et de Bois-Préau

Un filo rosso lega Jacques-Louis David e Jean-Baptiste Mauzaisse a François Georgin, che, intorno agli anni Quaranta, realizza una popolarissima litografia intitolata la Colonne, composta da sei vignette disposte attorno appunto alla riproduzione della colonna imperiale di Place Vendôme. Una di queste si riferisce al codice. Il sottotitolo reca: «il dicte lui même ce Code immortel». L’elaborazione del codice continua a essere eroicizzata: esso è il prodotto della volontà maiestatica di Napoleone, che porta a compimento, lo abbiamo già anticipato, ciò che i rivoluzionari non sono stati in grado di realizzare. Si tratta, appunto, di un mito, di una Fable, come aveva dichiarato un giurista, Mathurin Sédillez quando ancora il codice non era stato ultimato: «il Code civil costituisce l’opera di quattro anni o di quattro secoli, è l’idea di un solo uomo o il capolavoro complessivo di più eroi? È storia o favola? I posteri forse dubiteranno ma voi sapete qual è la verità» [41]. Attorno al testo del 1804 ritroviamo un’in­tera generazione di giuristi. Innanzitutto esso ci appare come il risultato finale di una catena di molteplici progetti realizzati nella temperie culturale e ideologica successiva alla caduta di Robespierre, che hanno anticipato nel contenuto la maggior parte delle soluzioni accolte nel Code (si pensi che il piano di codificazione realizzato da Jacqueminot ne costituisce la sostanza stessa) [42]. In secondo luogo, esso è stato distribuito e discusso nei tribunali e nelle Corti d’appello; è passato, infine, al vaglio del Consiglio di Stato, consesso nel quale è stato profondamente migliorato.

Fig. 7 – La Colonne, Georgin François, 1850?, Esemplare posseduto da Stefano Solimano, Foto Stefano SolimanoFig. 7 – La Colonne, Georgin François, 1850?,
Esemplare posseduto da Stefano Solimano, Foto Stefano Solimano

L’iconografia successiva agli anni Trenta si inserisce all’interno della costruzione del mito di un regime liberale, di una società pienamente emancipata, di Napoleone quale uomo del popolo [43]. Con riferimento al codice vengono valorizzati i princìpi dell’Ottantanove ivi contenuti. Si enfatizza la circostanza che Napoleone abbia dato un’unica legge a tutti Francesi, divisi tra paesi di droit coutumier al nord e pays di droit écrit al sud. Sono elementi che individuiamo nel celeberrimo bassorilievo realizzato da Pierre Charles Simart tra il 1846 e il 1852 per la tomba di Napoleone aux Invalides, allorché la leggenda napoleonica torna in auge pilotata sostanzialmente da Louis-Napoléon [44].

Fig. 8 – Création du Code civil des Français, Pierre Claude Simart, Photo (C) Paris - Musée de l’Armée, Dist. RMN-Grand Palais/Pierre-Luc Baron-MoreauFig. 8 – Création du Code civil des Français, Pierre Claude Simart, Photo
(C) Paris - Musée de l’Armée, Dist. RMN-Grand Palais/Pierre-Luc Baron-Moreau

Rispetto all’incisione di François David, si nota immediatamente che Napoleone è recuperato all’iconografia classica, anche se appare una classicità senza tempo. In continuità con il quadro di Luigi Agricola è posta una certa enfasi sul tema del superamento della tradizione: alla sinistra del bassorilievo un anziano, canuto e dalla barba fluente, porge il diritto romano all’Imperatore che lo respinge, indicando con l’altro braccio il codice sorretto da un giovane, che rappresenta il diritto moderno e dunque l’avvenire della Nazione. Anche il droit coutumier è maltrattato. Una delle due donne lo sta strappando impietosamente. In basso i numi dottrinali d’antico regime come Domat et Pothier, tutti in corpore codicis Napoleonis. Il messaggio sembra essere indiscutibile: il diritto privato dei francesi si identifica esclusivamente nel codice [45]. Del resto, esso garantisce, si legge sulla tavola del Code Napoléon, una justice égale et intelligible pour tous. Va aggiunto che, proprio all’epoca in cui opera Simart, sta prendendo corpo un orientamento dottrinale e giurisprudenziale di segno pesantemente legalistico, destinato a perdurare per tutto il XIX secolo. Sino agli anni Quaranta dell’Ottocento, bene o male, i giuristi erano riusciti a interpretare elasticamente il codice, valorizzando proprio quella tradizione che stava alla base di esso [46]. Certo, non bisogna neppure enfatizzare il dato, perché questa operazione era ammessa solo in caso di lacuna.

Alcuni aspetti della vicenda della realizzazione della scultura da parte di Pierre Charles Simart (1806-1857), artista originario di Troyes, trapiantato a Parigi, meritano di essere segnalati. Simart confidava nella circostanza di ricevere delle indicazioni piuttosto chiare in merito al contenuto dei bassorilievi da realizzare nella cripta. La Direzione delle Belle Arti di Parigi, invece, si era limitata a inviare semplicemente un elenco dei soggetti, nel nostro caso il code civil, circostanza che gettò Simart nello sconforto. Il dato che qui rileva è che lo scultore fu costretto a decidere in piena autonomia. In primo luogo volle rappresentare Napoleone al centro di ogni bassorilievo, perché era lui il motore di ogni impresa; in secondo luogo si orientò verso il modello della classicità, in quanto desiderava collocare la figura dell’Imperatore in una sorta di metastoria, come apprendiamo da una sua lettera [47]:

la grande figure de l’Empereur s’entourera d’une lumineuse aureole. Alors, à cette lointaine époque, l’homme aura disparu, et la légende, la poésie en auront fait un demi dieu. Ce serait donc le rapetisser en quelque sorte aux yeux de la postérité que de le représenter dans l’attitude et sous vêtements d’un homme ordinaire. Aussi j’ennoblirai, je poétiserai son geste, son attitude, son costume; je leur donnerai un caractère vraiment auguste, j’élèverai sa noble image à la hauteur d’une apothéose.

Ai detrattori che lo avevano criticato per non aver rappresentato Napoleone con gli abiti del suo tempo, rispondeva che si trattava di vedere «les choses de plus haut» [48]. Per Simart celebrare Napoleone significava rendere omaggio al passato («le génie de Napoléon est le résultat des temps qui l’ont précédé») e simultaneamente magnificare anche la pars sana «d’une révolution qui malgré ses horreurs a eu des résultats aussi ineffaçables qu’heureux sur les mœurs, sur les principes qui régissent l’humanité» [49]. Codice quale luogo di civilizzazione nazionale, europeo e mondiale [50] (l’incivilimento di Romagnosi), vale a dire il mito del codice eterno [51].

Con Simart il mito del code civil ha raggiunto il culmine.

Desideriamo terminare con due immagini satiriche. La prima, di un autore ignoto, è intitolata Arrivée de Napoléon dans l’Ile d’Elbe [52]. Il ci-devant Imperatore procede chino chino su un’isola petrosa e desolata: porta con sé uno scettro spezzato e, stretto sotto il braccio, il Code Napoléon. Finalmente l’epopea napoleonica è terminata, è il messaggio dell’au­tore. Il codice seguirà la sorte di Napoleone, sembra voler aggiungere. Come sappiamo, invece, al testo del 1804 arriderà una straordinaria fortuna.

La questione della circolazione del code è delicata (lungi da noi la diffusione di un altro mito) e non è facile da sciogliere. Senza dubbio una ragione della recezione lungo tutto il XIX secolo risiede nella qualità tecnica delle 2281 disposizioni. Le norme sono state redatte in formule generali elastiche, secondo quello stile che si diceva piacesse a Stendhal, circostanza che ha garantito l’adattamento a contesti storici, politici e sociali diversi. Il discorso è molto più complesso, in realtà, poiché in tale vicenda concorrono molte altre variabili di tipo politico, sociale ed economico. Prendendo ad esempio l’esperienza italiana, si può affermare che durante la Restaurazione non pochi Stati identificarono nel code uno strumento che ben si adattava ad una società d’ordine: fu ritenuto sufficiente potenziarne il già pur robusto carattere conservatore (il diritto di famiglia in primis) e eliminare o attenuare quei caratteri che erano più direttamente espressione della Révolution (il divorzio o il matrimonio civile, ad esempio) [53]. Sovrani come Ferdinando o Carlo Alberto furono in grado di cogliere la valenza assolutistica del codice. Sia chiaro: agli occhi dei legittimisti l’austero Code Napoléon apparve come il testo di una temibile ed eversiva repubblica libertaria (oltre ad assumere le sembianze dello Spodestatore, ovviamente). All’opposto, durante la formazione dello Stato unitario il codice assunse i caratteri di un’icona liberale, veicolo di esaltazione della libertà della società civile [54]. V’è di più: esso apparve lo strumento che suggellava la politica separatista cavouriana, codice quale simbolo della laicità dello Stato.

In America Latina la larghissima diffusione del codice civile francese avvenne per molteplici motivi: certamente si intese segnalare l’avvenuta emancipazione dalla Spagna, ma soprattutto, anche per opera del codificatore Andrès Bello, il codice fu eretto a sinonimo di progresso, di modernità di una nazione [55]. Le relazioni politiche, diplomatiche e commerciali della Francia, la Potenza occidentale per antonomasia, almeno fino a Sédan, favorirono la circolazione del modello giuridico transalpino. Fu il caso del Giappone, che si era orientato verso una riorganizzazione statuale seguendo il modello occidentale [56]. L’imitazione del code civil tuttavia ebbe una battuta d’arresto quando l’intelligentsia nipponica decise di guardare alla Germania, che costituiva la nuova potenza economica, militare, culturale e anche giuridica.

Fig. 9 – Arrivée de Napoléon dans l’ile d’Elbe, Anonyme, CC0 Paris Musées/Musée CarnavaletFig. 9 – Arrivée de Napoléon dans l’ile d’Elbe, Anonyme,
CC0 Paris Musées/Musée Carnavalet

Quanto alla seconda caricatura, essa risale al 1927 ed è realizzata dalla Ligue d’action féminine pour l’obtention immédiate du suffrage. Il codice ha compiuto un secolo da più di cinque lustri. Agli occhi dei liberali esso continua ad apparire l’icona della civilisation. Per i socialisti, e in seguito per i comunisti, esso rappresenta il diritto uguale per soggetti diseguali, quel diritto che consente tanto al ricco quanto al povero di dormire e mangiare sotto i ponti, come ha scritto nel 1894 Anatole France nel romanzo il giglio rosso [57]. I giuristi e i politici della Terza repubblica solo a parole rivendicano la piena emancipazione delle donne [58]. Nel 1925 viene istituita una commissione che tre anni dopo propone di abolire l’autorizzazione maritale. Nel 1938 la moglie viene equiparata al marito, ma solo parzialmente, come ha notato l’Halpérin: per una piena parificazione bisognerà comunque attendere il 1965 e il 1970 [59].

Fig. 10 – Le Code Napoléon. Caricature pour la Ligue d’Action féminine pour l’obtention immédiate du suffrage des femmes, Dumas, S., 1926, MUSEA, consulté le 8 août 2021, http://www.musea.fr/items/show/1485Fig. 10 – Le Code Napoléon. Caricature pour la Ligue d’Action féminine pour l’obtention immédiate du suffrage des femmes, Dumas, S., 1926, MUSEA, consulté le 8 août 2021, http://www.musea.fr/items/show/1485

Siamo arrivati alla fine del nostro discorso. Abbiamo iniziato con il francobollo del 1973: terminiamo dunque con quello, assai sobrio, realizzato per celebrare il bicentenario del 2004. Appare una Marianne stilizzata: tiene in braccio il code civil, con la mano sinistra regge la bilancia della giustizia. Come si vede, dopo due secoli non c'è traccia di Napoleone: assistiamo alla celebrazione del Code civil des Français (fino al 1807 era stata questa l'intitolazione originaria). Il mito del codice dell'Imperatore non è più. Ei fu.

Fig. 11 – Bicentenaire du Code civil, 2004, Poste francesi
Fig. 11 – Bicentenaire du Code civil, 2004, Poste francesi


Bibliografia

Arisi Rota, Arianna (2021), Il cappello dell’Imperatore. Storia, memoria e mito di Napoleone Bonaparte attraverso due secoli di culto dei suoi oggetti, Roma, Donzelli

Audren, Frédéric, Jean-Louis Halpérin (2013), La culture juridique françaiseEntre mythes et réalités, Paris, CNRS éditions

Bergeron, Louis (1975), Napoleone e la società francese, Guida, Napoli

Birnbaum, Pierre (2007), L’Aigle et la Synagogue. Napoléon, les Juifs et l’Etat, Paris, Fayard

Boime, Albert (2004), Art in Age of Counterrevolution 1815-1848, 3, Chicago, University of Chicago Press

Cabrillac, Rémy (2005), Le code civil est-il la véritable constitution de la France?, in «Thémis», (39), 2, pp. 249-259

Cabrillac, Rémy (2017), Postérité du Code civil en France, in Lentz, Thierry (sous la direction de), Napoléon et le droit, Paris, CNRS, pp. 241-250

Cappellini, Paolo (2002), Il codice eterno. La Forma-codice e i suoi destinatari: morfologie e metamorfosi di un paradigma della modernità, in Cappellini, Paolo, Bernardo Sordi (a cura di), Codici. Una riflessione di fine millennio, Firenze 26-28 ottobre 2000, Milano, Giuffrè, pp. 11-68

Cappellini, Paolo (2004), Codici, in Fioravanti, Maurizio (a cura di), Lo Stato moderno in Europa. Istituzioni e diritto, Roma-Bari, Laterza, pp. 102-127

Carbonnier, Jean (1986), Le code civil, in Nora, Pierre (sous la direction de), Les lieux de mémoireLa Nation, II, Paris, Gallimard, pp. 293-315

Caroni, Pio (1998), Saggi sulla storia delle codificazioni, Milano, Giuffrè

Castenuovo, Enrico (1990), La Pittura in Italia: l’Ottocento, II, Milano, Electa

Cavanna, Adriano (1994), Onora il padre. Storia dell’art. 315 cod. civ. (ovvero il ritorno del flautista di Hamélin), in «Rivista di Storia del Diritto italiano», 67, pp. 27-82, ora accolto in Cavanna, Adriano, Scritti (1968-2002), II, Napoli, Jovene, 2007, pp. 771-832

Cavanna, Adriano (2001), Mito e destini del Code Napoléon in Italia, in «Europa e diritto privato», 1, pp. 85-129, ora accolto in Cavanna, Adriano, Scritti (1968-2002), II, Napoli, Jovene, 2007, pp. 1079-1136

Cavina, Marco (2007), Il padre spodestato. L’autorità paterna dall’antichità a oggi, Roma-Bari, Laterza

Cazzetta, Giovanni (2011), Codice civile e identità giuridica nazionale, Torino, Giappichelli

Chartier, Jean-Luc A. (2004), Portalis père du code civil, Paris, Fayard

d’Onorio, Joël Benoît (2005), Portalis l’esprit des siècles, Paris, Dalloz

De Francesco, Antonino (2021), Il naufrago e il dominatore. Vita politica di Napoleone Bonaparte, Vicenza, Neri Pozza

Eyriès, Gustave (1860), Simart. Etude sur sa vie et sur son oeuvre, Paris, Didier

Ferrante, Riccardo (2002), Dans l’ordre établi par le code civil. La scienza del diritto al tramonto dell’illuminismo giuridico, Milano, Giuffrè

Ferrante, Riccardo (2015), Un secolo sì legislativo. La genesi del modello otto-novecentesco di codificazione e la cultura giuridica, Torino, Giappichelli

FranceAnatole (1894/1925), Le lys rouge, Paris, Calmann Lévy

Grab, Alexander (2008), Napoleon and the Jews (1806-1808), in Levati, Stefano, Marco Meriggi (a cura di), Con la ragione e col cuore. Studi dedicati a Carlo Capra, Milano, Franco Angeli, pp. 511-524

Grossi, Paolo (2006), Code civil: una fonte novissima per la nuova civiltà giuridica, in Il bicentenario del Codice napoleonico, Atti dei convegni Lincei (Roma, 20 dicembre 2004), Roma, Bardi, pp. 19-42

Guzmán Brito, Alejandro (2000), La codificación civil en Iberoamérica. Siglos XIX y XX, Santiago, Editorial Jurídica de Chile

Halpérin, Jean-Louis (1992), L’impossibile code civil, Paris, Puf

Halpérin, Jean-Louis (1996), Histoire du droit privé français depuis 1804, Paris, Puf

Halpérin, Jean-Louis (2002), Code et traditions culturelles, in Cappellini, Paolo, Bernardo Sordi (a cura di), Codici. Una riflessione di fine millennio, Firenze 26-28 ottobre 2000, Milano, Giuffrè, pp. 223-261

Halpérin, Jean-Louis (2004), Le regard de l’historien, in Le code civil 1804-2004. Livre du bicentenaire, Paris, Dalloz, pp. 43-58

Halpérin Jean-Louis (2008), Histoire du droit des biens, Paris, Economica

Lefebvre-Teillard, Anne (1996), Introduction historique au droit des personnes et de la famille, Paris, Puf

Lentz, Thierry (2005), Napoléon et Charlemagne, in Lentz, Thierry (coordonné par), Napoléon et l’Europe. Regards sur une politique, Paris, Fayard, pp. 11-30

Lentz, Thierry (2017), La formation “juridique” de Napoléon, in Lentz, Thierry (sous la direction de), Napoléon et le droit, Paris, Cnrs, pp. 15-27

Levitine, George (1981), Jacques-Louis David and François-Anne David at the Police Station: An Incident of Homonymic Confusion, in «The Art Bulletin», Vol. 63, No. 4 (Dec., 1981), pp. 655-657

Leuwers, Hervé (1996), Un juriste en politique. Merlin de Douai (1754-1838), Arras, Artois Presses Université

Mascilli Migliorini, Luigi (2021), Napoleone, Roma, Salerno editrice

Martin, Xavier (1987), Aux sources thermidoriennes du Code civil. Contribution à une histoire politique du droit privé, in «Droits», 6, pp. 107-116

Martin, Xavier (1992), A tout âge? Sur la durée du pouvoir des pères dans le code Napoléon, «Revue d’histoire des facultés de droit et de la science juridique», 13, pp. 227-301

Martin, Xavier (2003), Mythologie du Code Napoléon. Aux soubassements de la France moderne, Bouère, DMM

Martin, Xavier (2017), L’implication de Bonaparte dans l’éclosion du Code civil, in Lentz, Thierry (sous la direction de), Napoléon et le droit, Paris, CNRS, pp. 199-210.

Mastellone, Salvo (1974), Storia ideologica d’Europa da Sieyès a Marx, Sansoni, Firenze

Mastrolia, Paola (2018), L’ombra lunga della tradizione. Cultura giuridica e prassi matrimoniale nel Regno di Napoli (1809-1815), Torino, Giappichelli

Mastrolia, Paola (2020), La cultura giuridica a Napoli nella specola della giurisprudenza. La causa Costanzo e le conclusioni del procuratore generale D’Azzia (1811), in «Historia et ius», 17, www.historiaetius.eu

Napoleone, Bonaparte (1816), in Comte de Las Cases, Emmanuel (1823), Mémorial de Sainte-Hélène, Journal de la vie privée et des conversations de l’Empereur Napoléon à Sainte Hélène, III, Londres, Colburn

Niort, Jean-François (2004), Homo civilis. Contribution à l’histoire du code civil français, I e II, Aix-Marseilles, PUAM

Niort, Jean-François (2007), Retour sur «L’Esprit» du code civil des Français, in «Revue d’histoire des facultés de droit et de la science juridique», 27, pp. 507-558

Palluel, André (1969), Dictionnaire de l’Empereur, Paris, Plon

Patault, Anne-Marie (1989), Introduction historique au droit des biens, Paris, Puf

Petiteau, Natalie (2004), Napoléon, de la mythologie à l’histoire, Paris, éditions du Seuil

Petronio, Ugo (2000), Il futuro ha un cuore antico. Considerazioni sul codice di procedura civile del 1806, in I codici napoleoniciTesti e documenti per la storia del processo, a cura di N. Picardi e A. Giuliani, Milano, Giuffrè, pp. VII-L

Portalis, Jean-Etienne Marie (1801), Discours préliminaire, in Projet de Code civil présenté par la Commission nommée par le gouvernement le 24 thermidor an VIII, Paris, Emery

Renouvier, Jules (1863), Histoire de l’art pendant la Révolution considéré principalement dans les estampes, Paris, Renouard

Ribner, Jonathan (1993), Broken tablets. The Cult of the Law in French Art from David to Delacroix, Berkeley, Los Angeles, Oxford, University of California Press

Solé, Jacques (1988), La Révolution en questions, Paris, Editions du Seuil

Solimano, Stefano (1998), Verso il Code Napoléon. Il progetto di codice civile di Guy Jean-Baptiste Target (1798-1799), Milano, Giuffrè

Solimano, Stefano (2016), Un secolo giuridico (1814-1916). Legislazione, cultura e scienza del diritto in Italia e in Europa, in Alvazzi del Frate, Paolo, Marco Cavina, Riccardo Ferrante, Nicoletta Sarti, Stefano Solimano, Giuseppe Speciale, Elio Tavilla, Tempi del diritto, Torino, Giappichelli, pp. 335-338

Solimano, Stefano (2017), Amori in causa. Strategie matrimoniali nel Regno d’Italia napoleonico (1806-1814), Giappichelli, Torino

Solimano, Stefano (2021), Il buon ordine delle private famiglie. Donazioni e successioni nell’Italia napoleonica, Napoli, Jovene

Tronchet, François-Denis (1801), Procès-verbaux du Conseil d’Etat. Séance inédite du 6 frimaire an X (27 novembre 1801), in Locré, Jean-Guillaume (1836), Législation civile et commerciale et criminelle ou Commentaire et complement des codes français, III, Bruxelles, Tarlier

Tulard, Jean (1994), Napoleone. Il mito del salvatore, ed. it., Milano, Rusconi


NOTE

[1] Carbonnier (1986), p. 118. V. anche Cabrillac (2005), p. 249 e segg.; Cabrillac (2017), pp. 241-242. Sul code civil v. Halpérin (2004), in particolare pp. 52-53; in contrappunto Martin (2003) e Niort (2004); Martin (2017), pp. 199-210. Quanto alla bibliografia in lingua italiana Caroni (1998); Solimano (1998); Cavanna (2001); Birocchi (2002), pp. 555-575; Petronio (2002); Cappellini (2004), pp. 102-127; Grossi (2006), pp. 19-42; Cazzetta (2011); Ferrante (2015).

[2] Sulla figura di Portalis si possono vedere, tra i contributi più recenti, D’Onorio (2005); Chartier (2004); Niort (2007), pp. 516-535.

[3] La bibliografia sull’Empereur è, ovviamente, sterminata. Volendo semplificare, la storiografia oscilla tra chi esprime un giudizio piuttosto severo, tacciando Napoleone di aver dato vita ad una dittatura (addirittura militare, per George Lefebvre): Mastellone (1974), Bergeron (1975), Solé (1988); e chi tende a minimizzare tale aspetto puntando a valorizzare gli indubbi meriti dell’Imperatore, come ad esempio Jean Tulard (1994). Più sfumato e problematico l’approccio di Mascilli Migliorini (2021).

[4] Sulle radici corse di Napoleone ora De Francesco (2021), pp. 11-54.

[5] Codice di Napoleone il Grande pel Regno d’Italia (1806), Cian (1989).

[6] Lefebvre Teillard (1996), pp. 357-358; Halpérin (1996/ed. 2001), pp. 39-40.

[7] Solimano (1998), p. 13.

[8] Solimano (2017), pp. 123-131.

[9] Birnbaum (2007), passim; Grab (2008), pp. 511-524; Solimano (2017), pp. 136-137.

[10] Patault (1989), pp. 216-219; Halpérin (2008), pp. 180-197.

[11] Halpérin (1992), p. 277 e segg.; Cavanna (2001), pp. 1100-1108.

[12] Solimano (2017), pp. 49-121; Mastrolia (2018), pp. 105-150.

[13] Martin (1992), pp. 227-301; Cavina (2007), passim.

[14] Cavanna (1994), p. 824.

[15] Martin (1987), pp. 107-116; Halpérin (1992), p. 140 e segg.; Solimano (1998), p. 17 e segg.

[16] Cavanna (1994), pp. 812-816.

[17] Lefebvre Teillard (1996), pp. 371-375; Solimano (1998), pp. 247-251, Halpérin (2003), pp. 39-41.

[18] Tronchet (1801), p. 183.

[19] Artt. 353-359 del code civil.

[20] Levitine (1981), pp. 655-657.

[21] Renouvier (1863), p. 302. Solo qualche opera viene salvata da questo storico dell’arte, e precisamente: Portrait de Monsieur frère du Roi, del 1790, Louis XVI au temple de la Constitution del 1791, Le triomphe de la république françaiseConstitution de l’an VIIILes Honneurs du triomphe décernés à BonapartePortrait de Buonaparte à Marengo.

[22] Sul modello carolingio quale punto di riferimento di Napoleone v. Lentz (2005), pp. 11-30.

[23] Un cenno in Halpérin (2002), p. 246.

[24] Nel quadro parigino l’orologio segna le quattro spaccate.

[25] V. Leuwers (1996), passim.

[26] «Merlin était ma ressource, je m’en servais comme d’un flambeau», disse a Sant’Elena: Napoléon (1816), p. 235. Il Lentz ha mostrato come Napoleone avesse appreso alla scuola militare taluni rudimenti di diritto pubblico: Lentz (2017), pp. 15-23.

[27] Montholon (1847), p. 401. Non è dato conoscere come mai la celebre frase viene riportata sovente aggiungendo a gloire l’aggettivo vraie!

[28] Portalis (1801), p. vi.

[29] Solimano (1998), p. 8.

[30] Da ultimo, Soleil (2014), pp. 236-239.

[31] Solimano (2013), pp. 702-703; Soleil (2014), pp. 224-228.

[32] Petronio (2000), p. VII.

[33] Solimano (2021), p. 62.

[34] Solimano (2013), pp. 704-705.

[35] Mastrolia (2018), pp. 29-41.

[36] Mastrolia (2018), pp. 29-41, e Mastrolia (2020).

[37] Castenuovo/Pirovano (1991), II, p. 659.

[38] Sul pittore Jean-Baptiste Mauzaisse (1784-1844) e su questa tela v. anche Ribner (1993), pp. 47-49.

[39] V. Arisi Rota (2021).

[40] V. Boime (2004), p. 237 e segg.

[41] Solimano (1998), p. 1.

[42] Martin (1987), p. 107 e segg.; Halpérin (1992), pp. 231 e segg., Solimano (1998), passim.

[43] Petiteau (2004), pp. 86-91.

[44] Petiteau (2004), pp. 103-121.

[45] Un riferimento in Halpérin (2002), p. 224 e p. 248.

[46] Ferrante (2002), passim; Audren/Halpérin (2013), pp. 24-27; Solimano (2016), pp. 335-338; Solimano (2021), pp. 63-64.

[47] Simart, s.d., in Eyriès (1860), p. 201.

[48] Simart, s.d., in Eyriès (1860), p. 201.

[49] Simart, s.d., in Eyriès (1860), p. 201.

[50] «Les grandes réformes, les importantes créations de l’Empire n’ont pas seulement renouvelé les bases de la société française; la plupart, en s’imposant bientôt par la seule force de l’opinion et de la vérité aux provinces conquises, aux royaumes soumis, ont eu ou auront des conséquences incalculables sur les destinées du monde»: Simart, s.d., in Eyriès (1860), p. 201.

[51] Cappellini (2002), pp. 55-61.

[52] Un cenno in Ribner (1993), p. 47.

[53] Solimano (2006), pp. 64-77.

[54] Solimano (2006), pp. 84-86; Cazzetta (2011).

[55] Sul processo di codificazione nell’America del Sud v. Guzmàn Brito (2000), passim.

[56] Soleil (2014), pp. 320-322, p. 336, pp. 378-380, p. 395.

[57] Lo scrittore irrideva alla «majestueuse égalité des lois, qui interdit au riche comme au pauvre de coucher sous les ponts, de mendier dans les rues et de voler du pain» France (ed. 1925), p. 118; Solimano (1998), p. 7, nt. 17.

[58] Halpérin (1996-2001), p. 215 e segg. V. anche Niort (2004), II, pp. 471-474.

[59] Halpérin (1996-2001), pp. 311-316.