LawArtISSN 2724-654X
G. Giappichelli Editore

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La maledizione del giurista (di Giacomo Pace Gravina, Università degli Studi di Messina)


DOI: 10.17473/LAWART-2021-2-12

- Bibliografia - NOTE


Savez-vous, mon cher, reprit Derville après une pause, qu’il existe dans notre société trois hommes, le prêtre, le médecin et l’homme de justice, qui ne peuvent pas estimer le monde? Ils ont des robes noires, peut-être parce qu’ils portent le deuil de toutes les vertus, de toutes les illusions. Le plus malheureux des trois est l’avoué. Quand l’homme vient trouver le prêtre, il arrive poussé par le repentir, par le remords, par des croyances qui le rendent intéressant, qui le grandissent, et consolent l’âme du médiateur, dont la tâche ne va pas sans une sorte de jouissance: il purifie, il répare, et réconcilie. Mais, nous autres avoués, nous voyons se répéter les mêmes sentiments mauvais, rien ne les corrige, nos études sont des égouts qu’on ne peut pas curer.

La maledizione del giurista traspare dalle amare parole dell’avoué Derville nella chiusura de Le Colonel Chabert di Balzac: l’abito scuro non è più un ambito simbolo di dignità sociale, ma l’emblema di una condanna, le lenti dell’avvocato svelano una realtà dove non c’è più posto per i sogni e per gli ideali, dove la dirittura morale si rivela un impaccio se non perfino un danno.

La recente pubblicazione de Il «caso Balzac». Storie di diritto e di letteratura [1], di Giuseppe Guizzi, professore di diritto commerciale, attento lettore dello strato profondo dell’opera di Balzac, ripropone la centralità della dimensione giuridica negli scritti del grande romanziere francese. Dopo il fondamentale volume che raccoglie le ricerche di Michel Lichtlé, Balzac, le texte e la loi [2], sono stati numerosi i saggi dedicati al rapporto tra lo scrittore e il diritto, prova di una attenzione mai sopita da parte dei giuristi. Spesso citazioni dell’opera di Balzac compaiono nei nostri articoli e monografie, ci compiacciamo di proporre brani di racconti e romanzi come elementi esplicativi di istituti giuridici, numerosi tra noi utilizzano nei corsi universitari passi dell’opera dello scrittore che possano avvicinare gli studenti alla comprensione di realtà antiche grazie al suo stile chiaro e alle trame avvincenti. Come Hanno Buddenbrook siamo lacerati tra una vita ordinaria e l’emozione che scaturisce dall’arte, tra la nostra scrittura da giuristi e una sopita o celata passione letteraria che talvolta riesce a prendere il sopravvento e a farci sognare, tra citazioni di testi normativi e noiose note a piè di pagina, il profumo delle dame nei salotti parigini della Restaurazione. A ben guardare, a cimentarsi con le pagine di Honoré sono spesso commercialisti, come nel caso di Guizzi, e civilisti, più raramente storici del diritto, che hanno trattato del nostro autore in alcuni articoli e saggi, come quello del compianto Aldo Mazzacane su Le colonel Chabert [3].

Un interesse sempre vivo, quello per l’opera di Balzac. Frugando ne La Comédie humaine − che non a caso si intitolava originalmente Scènes de la vie privée, evocazione del diritto privato… − troviamo dovunque contesti in cui il diritto, segnatamente quello del Code Napoléon, riveste un ruolo cruciale nell’ordito narrativo, costituendo spesso il vero nucleo attorno al quale si snoda il racconto con le sue vicende. Ma ciò avviene senza che il ritmo della narrazione ne venga sminuito, come invece talvolta accade in testi della nostra contemporaneità, che risultano ‘appesantiti’ da citazioni legali che spezzano la serrata cadenza del racconto. Il segreto dell’ar­monia tra diritto e letteratura nell’opera Balzachiana sta invece nella possibilità che lo scrittore ci offre di guardare al Code come ad un diritto vivente, e non a quell’insieme di articoli ‘generali e astratti’ che tante volte abbiamo studiato per ricostruire gli istituti della codificazione.

Non un Codice-monumento, come quello scolpito dalle mirabili parole di Tronchet, «il Codice è come il peristilio della legislazione francese», che ci richiama alla mente un nobile e rispettabile edificio neoclassico eretto a foggia di tempio greco o romano, peristilio le cui colonne sono costituite da proprietà e contratto; ma un Codice-documento. Documento perché l’opera di Balzac costituisce per noi un osservatorio privilegiato per la comprensione delle dinamiche concrete dell’uso del codice, che ci permette di comprendere come questo si comportasse nel tempo del suo utilizzo: non un passivo strumento, ma un pericoloso protagonista dotato di vita propria, come possiamo intravederlo nelle parole di un altro grande scrittore francese, Henri Beyle, più noto come Stendhal: «Le code civil arrive rapidement à tous les millionaires, il divise les fortunes, et force tout le monde à valoir quelque chose et à vénérer l’énergie» [4]. Nessuno, neanche i più fortunati, può più sentirsi al sicuro da quando il codice è apparso sulla scena.

Nei racconti di Balzac l’ottica offerta al lettore si sposta dal codice come apparato normativo alle potenzialità concrete di un codice utilizzato nei tribunali – le ricerche di Stefano Solimano ci stanno offrendo nuove prospettive in tal senso –: qui la visuale di Balzac diviene indispensabile per comprendere come venisse usato il codice nella pratica quotidiana e nella vita reale degli affari.

Racconti su singoli istituti − non a caso intitolati La transaction (titolo primevo de Le colonel Chabert), Le contrat de mariage, L’interdiction − fanno emergere un quadro della codificazione meno evidente e ‘distinto’, ove coesistono interessi vecchi e nuovi, una fascia grigia ove non è raro trovare articoli che parlano una lingua altra, diversa, rispetto a quella ‘ufficiale’ del codice. Nell’opera di Balzac la vera protagonista è la società del Code civil: fotografia realistica delle dinamiche della società borghese ottocentesca, che inizia ad utilizzare i nuovi strumenti offerti dal Code e ne aumenta le potenzialità per perseguire i propri fini, non sempre ‘nobili’.

La Comédie humaine ci offre un quadro esauriente dei pensieri, dei sentimenti, degli ideali e delle passioni della società dell’epoca, la Francia del primo impero, della Restaurazione, di Luigi Filippo: una società per cui il codice assume una centralità prima impensabile grazie agli strumenti che adesso mette a disposizione dei ‘cittadini’. In tale contesto il nuovo diritto diviene per Balzac una griglia su cui si annodano i drammi e le storie dei personaggi; non un pretesto narrativo ma una struttura portante, che caratterizza e permea la struttura della narrazione.

L’individuo balzachiano deve riuscire a stare alle regole del gioco, altrimenti, per citare le parole del colonnello Chabert, a proposito del nuovo stato civile, «quando insorgo, io, morto, contro un atto di decesso, un atto di matrimonio e degli atti di nascita, essi si liberano di me…»: la forza del codice annienta coloro che non riescono a stare alle regole del gioco, elimina velocemente i giocatori ‘deboli’, come ci hanno mostrato le ricerche di André-Jean Arnaud [5], mentre la ‘violenza dell’astrazione’, su cui ha scritto Pio Caroni [6], contribuisce a celarne le disuguaglianze sostanziali.


Bibliografia

Arnaud, André-Jean (1973), Essai d’analyse structurale du Code civil français. La règle du jeu dans la paix bourgeoise, Bibliothèque de philosophie du droit, Paris, Pichon et Durand-Auzias, L.G.D.J., trad. it. La regola del gioco nella pace borghese. Saggio di analisi strutturale del Codice civile francese, Napoli, ESI, 2006

Caroni, Pio (1998), Saggi sulla storia della codificazione, Giuffrè, Milano

Guizzi, Giuseppe (2020), Il «caso Balzac». Storie di diritto e di letteratura, Bologna, Il Mulino

Lichtlé, Michel (2012), Balzac, le texte et la loi, études réunies par Sophie Vanden Abeele, préface de Françoise Mélonio, Paris, Presses de l’Université Paris-Sorbonne

Mazzacane, Aldo (2014), Diritto e romanzo nel secolo della borghesia. Le Colonel Chabert di Honoré de Balzac, in «Giornale di storia costituzionale», 28/II, pp. 187-216

Stendhal (1854), Mémoires d’un Touriste, I, Paris, Michel Lévy frères

 


NOTE

[1] Guizzi (2020).

[2] Lichtlé (2012).

[3] Mazzacane (2014).

[4] Stendhal (1854), Nantes, le 25 juin 1837, pp. 297-330.

[5] Arnaud (1973).

[6] Su tale concetto Caroni (1998), pp. 28 e ss.