LawArtISSN 2724-654X
G. Giappichelli Editore

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Una bussola dei possibili e l´umanesimo nel diritto penale. Conversazione con Emanuela Fronza e Carlo Sotis


A compass of possibilities and Humanism in Criminal Law. A Conversation with Emanuela Fronza e Carlo Sotis

Mireille Delmas-Marty, una delle voci più originali della penalistica contemporanea, nel suo ultimo libro Une boussole des possibles (Parigi, 2020) ci ha proposto una magistrale riflessione sulla prospettiva di senso del diritto, sul suo legame con l’umanesimo, inteso come processo culturale e sociale con cui si afferma una civiltà. È uno scritto di grande visione e molto ispirato, che l’artista Antonio Benincà, in dialogo con la stessa Delmas-Marty, ha ‘tradotto’ nella forma tridimensionale di una peculiare Bussola, vero ‘oggetto-manifesto’. Del libro è ora disponibile un’edizione in lingua italiana (Una bussola dei possibili. Governance mondiale e umanesimo giuridico, a cura di E. Fronza e C. Sotis, Bologna, 1088press, 2021). LawArt, con Elisabetta Fusar Poli e Massimo Meccarelli, ha incontrato i curatori Emanuela Fronza e Carlo Sotis, per una conversazione sul progetto di traduzione, sulle interazioni tra diritto e arte e sugli orizzonti attuali del diritto penale.

 

LawArt: Raccontateci anzitutto come nasce l’idea di curare una versione italiana del saggio di Mireille Delmas-Marty. Perché proprio questo testo tra gli scritti, sempre notevoli, della grande giurista francese?

EF & CS: Leggere e diffondere Mireille Delmas-Marty in Italia (e non solo) è sempre stato tra i nostri obiettivi. Di qui l’idea di tradurre questo libro, coerente con il suo spirito e con il dialogo che Mireille ha sempre tenuto vivo e aperto con l’Italia e con studiosi italiani. Inoltre, ci piace ricordare, che Mireille ha parlato per la prima volta della Bussola dei Possibili proprio in Italia, a Bologna, nel 2019 durante un seminario presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche. Mireille teneva molto a questo scritto; è stato il suo ultimo progetto, in cui ha visto materializzato il suo pensiero anche in una forma artistica. Un testo coerente con la sua ricerca, ma anche molto innovatore in grado di parlare ai giuristi e non solo.

L’idea di tradurre questo saggio prima in italiano e poi in inglese nasce, insomma, dalla stessa convinzione che anima il progetto: l’Umanesi­mo giuridico come Bussola, da un lato e l’importanza di dialogare con altri linguaggi, non razionali, e in particolare con l’arte per descrivere la mondializzazione e le sfide che questa pone. Far pensare, diffondere la sua sensibilità e il suo metodo. Diritto e Arte. Diritto e Poesia. Diritto e Immaginazione. Si tratta di strumenti potenti per fondare la comunità umana e ricomporre la realtà, anche l’Imprevedibile. Rendere accessibile a più persone possibile questa via che Mireille ci indica così chiaramente, è questa la ragione.

LawArt: Un progetto di traduzione in effetti è di per sé un momento di dialogo privilegiato con l’Autore. Nel vostro caso, ciò è reso palese nel volume, anche dalla scelta di ‘proseguire’ la riflessione di Delmas-Marty con una postfazione di Francesco Palazzo (Il messaggio di Mirelle Delmas-Marty per un diritto umano e planetario) e un vostro saggio conclusivo (Immaginare il (nuovo) mondo). Avete avuto anche interazioni dirette con Delmas-Marty nel realizzare questo progetto?

EF & CS: In effetti, abbiamo avuto la fortuna di poter discutere con Mireille dell’edizione in italiano, di curarne i dettagli e scegliere assieme a lei la copertina. Era molto contenta di questo progetto sul suo progetto. Per lei era essenziale che le idee circolassero e si fidava di noi, come Ambasciatori della Bussola dei Possibili. Al professor Francesco Palazzo abbiamo chiesto di scrivere la Postfazione. Lo abbiamo chiesto proprio a lui, che assieme al professor Alessandro Bernardi ha fatto circolare il pensiero di Mireille in italiano pubblicando Le flou du droit.

LawArt: Veniamo allora a discutere della interazione tra diritto e arte. Questo saggio è in realtà anche una scultura, o meglio, un ‘oggetto-manifesto’; Antonio Benincà infatti ha realizzato un’opera che ‘materializza’ l’idea della “bussola dei possibili”. Per usare le parole dello stesso artista, un’opera che «si è fatta da se stessa, come una specie di simbiosi alchemica tra pensiero e materia». Avere assunto anche una forma artistica cosa aggiunge alla forza del discorso giuridico svolto da Mireille Delmas-Marty?

EF & CS: Il dialogo con l’arte è, come si accennava, parte integrante del progetto di Delmas-Marty. Per realizzarlo si è rivolta all’artista franco-veneziano Antonio Benincà, l’intellectruel; con un sorriso, Mireille portava fieramente l’appellativo di jurispoète, che proprio questo artista le ha dato. Il suo pensiero si è evoluto grazie al confronto con Antonio Benincà e alla sua idea di affidarsi a un linguaggio diverso. Mireille Delmas-Marty nel riflettere sulla mondializzazione, sulle sue contraddizioni si è accorta che le parole non le bastavano più. Aveva l’impressione di essere «au bout de la capacité discorsive» per esprimere le sfide e gli intrecci che caratterizzano questo processo e rendono così incerto il futuro. Aveva il sentimento che occorreva fare altro e andare oltre la visione logica delle cose, risvegliando un’emozione. Ha così deciso di affidare a un’altra voce, a quella dell’arte, per dimostrare quanto stava esplorando «sans passer par la raison pure».

Tra le diverse forme di arte (musica, pittura, poesia, scultura) ha scelto di affidarsi a una installazione. L’idea appariva semplice: stabilizzare i venti dello spirito senza immobilizzare le società umane. L’arte, nella sua idea, permetteva di esplorare zone altrimenti oscure, rendendo visibili zone altrimenti invisibili. Mireille questo voleva e nelle parole aveva trovato soltanto un limite nel pensare al diritto e alle sue profonde trasformazioni.

LawArt: Potete aggiungere qualcosa su come si è svolto il dialogo tra la giurista e l’artista? Qui può dirsi che l’artista, raccogliendo l’inusuale sfida ad andare oltre l’estetica personale, ha messo esperienza e immaginazione ‘al servizio’ del pensiero di Delmas-Marty.

Antonio Benincà, Prototipo di La Boussole des Possibles, Castello di GoutelasAntonio Benincà, Prototipo di La Boussole des Possibles, Castello di Goutelas

EF & CS: L’incontro con Antonio Benincà è stato sorprendente, un incontro di natura inedita e le ha permesso di andare al di là delle parole. Antonio Benincà si è messo al servizio di Mireille per rendere ‘materia’ il suo pensiero. Lavorare a quest’opera d’arte ha messo in moto, tuttavia, un percorso inaspettato: dal pensiero alla materia e poi dalla materia di nuovo al pensiero giuridico, alimentato proprio dal percorso artistico. Da Mireille a Antonio, da Antonio a Mireille, dandole nuovi strumenti con cui pensare il diritto e le sue contraddizioni.

Mireille aveva una grande sensibilità per l’arte, nelle sue varie forme, e non era la prima volta che traeva ispirazione dall’arte per pensare al Mondo. Con la Bussola dei Possibili, tuttavia, insieme ad Antonio Benincà ha portato la sua riflessione a un livello completamente nuovo. Insieme, non volevano enunciare una verità fissa, ma avanzare una proposta in movimento: una bussola al servizio dei cittadini e di coloro che occupano posizioni di responsabilità (politici, economisti, giudici, ricercatori, ecc.) per scegliere insieme un destino desiderabile tra i possibili futuri del mondo. E ciò per uscire da una mondializzazione imposta e fatalista e percorrere una via pluralista, che si adatti all’imprevedibile e resista alla disumanizzazione. Stabilizzare, dunque, senza immobilizzare.

La forza di questo discorso trova conferma quando si vede la Bussola dei Possibili dal vivo [n.d.r. un video in cui la si può osservare in azione è disponibile on-line al link: https://vimeo.com/654617038]. L’abbiamo vista, assieme, per la prima volta a Goutelas, luogo di utopie e di percorsi, dove la bussola è rimasta installata per alcuni mesi. La Bussola c’è e con essa la forza e l’impronta fisica delle sue idee. Ora, in attesa di nuovi luoghi ove viaggiare e lanciare il proprio messaggio.

Nel vederla si percepisce la forza dell’incontro tra la jurispoète e l’intellectruel. Si percepisce la forza di un messaggio, l’indicazione della via. È una Bussola inusuale, senza un Nord, che possiede un centro magnetico dove si incontrano i diversi principi dell’Umanesimo e che indica la giustizia per orientarsi tra i venti contrari.

Ci piace ricordare uno scambio tra Mireille e Antonio, mentre stavano lavorando alla realizzazione di questo oggetto. «Mireille, non mi sembra che servirà a qualche cosa» osserva Antonio Benincà; Mireille risponde: «anche se non serve a niente, dobbiamo farlo lo stesso». È un oggetto-manifesto che non impone nulla, ma propone una direzione, un movimento e delle possibilità, appunto. È un oggetto realista e utopista, come era Mireille.

LawArt: Nel vostro saggio mettete in evidenza come un profilo retorico ricorrente nella riflessione di Delmas-Marty sia costituito dal ricorso alle metafore. Perché? Qual è a vostro avviso il valore aggiunto della metafora, in un discorso necessariamente specialistico, come è il discorso giuridico?

EF & CS: La metafora, lo sappiamo bene, è un potente e a volte pericoloso strumento del pensiero; ha il potere di associare cose, separarne altre. Il pensiero giuridico lo sa bene e ne fa quindi ampio uso. Si pensi al termine “prodotto” che nel suo nucleo concettuale evoca occorrenze tangibili, quindi reali, dunque solide, e perciò i “prodotti finanziari” che non sono né tangibili, e tantomeno solidi, si sono proclamati tali. Si pensi ancora alle bio-banche: quelle degli organi, poi del seme, poi del sangue e quindi del latte, metafora che immediatamente veicola quanto sia prezioso ciò che custodiscono, ma al contempo svela o marca la quantificabilità economica del corpo umano, la sua assoggettabilità a logiche patrimonialistiche, ben lontane dall’umanesimo ideologico che paiono sottendere.

La metafora va quindi maneggiata con cura (eccone un’altra!), ha il potere di decidere ciò che è visibile da ciò che è nascosto; ha, infatti, una dimensione immaginifica, riesce con un tratto a veicolare un pensiero, ad offrire l’orizzonte di senso ad una concettualizzazione.

Antonio Benincà, Disegno di La Boussole des Possibles, con legendaAntonio Benincà, Disegno di La Boussole des Possibles, con legenda

LawArt: E l’incontro con l’arte è utile anche a tale riguardo?

EF & CS: Il pensiero di Mireille Delmas-Marty è estremamente originale e lei era perfettamente consapevole che tutti abbiamo difficoltà ad accettare il senso del nuovo. Da qui la sua grande attenzione al linguaggio ed anche il suo gusto per giochi linguistici («droit doux, mou, flou»), alle metafore e alla ricerca di una dimensione visuale. Sapeva perfettamente che le idee si veicolano per canali emotivi, per patti esperienziali, per immagini e associazioni e che la nostra conoscenza è anzitutto visiva. Da qui, anche, la sua ricerca di metafore che fossero sempre più ‘immaginali’ (dal pluralismo ordinato si passa alle “nuages voyageurs”): i quattro volumi che raccolgono le sue ricerche al College de France si chiamano non a caso Les forces immaginantes du droit.

Il passaggio verso la ricerca di vere illustrazioni (la rosa dei venti) e infine ad un “objet-manifeste” (come amava chiamarlo), cioè la Bussola dei Possibili, che nel suo nome è un’ennesima e potente metafora. Va da sé, quindi, che l’incontro con l’arte è essenziale.

I giuristi, almeno una parte e Mireille Delmas-Marty in prima linea tra questi, sanno perfettamente che le norme giuridiche non solo comunicano, ma trovano sé stesse tramite l’arte e che i testi di legge o di dottrina non sono certo autosufficienti.

LawArt: State sostenendo che l’Arte ha a che fare con la produzione normativa?

EF & CS: Sì, in effetti l’arte con la forza iconografica non è solo rappresentazione di regole e valori, ma autentica produttrice di contenuti normativi. Come la concettualizzazione dell’equilibrio tra fede e ragione deve alla cupola di Sant’Ivo alla Sapienza di Borromini tanto quanto che a un trattato di teologia, così quel verbo con cui apre l’art. 11 Cost. – «ripudia» – trova sé stesso affiancandosi al di poco precedente Guernica di Picasso.

Gli esempi forse non rendono, perché l’incontro tra arte e diritto non è semplice associazione tra un precetto ed una opera; ma è un fenomeno carsico, che attraversa il tempo e lo spazio. Sia come sia, ogni giurista sa, o dovrebbe sapere, quanto quell’incontro sia cruciale perché è vero, come dice Einstein, che noi possiamo vedere solo ciò che possiamo teorizzare, ma è vero anche che possiamo teorizzare solo ciò che possiamo immaginare.

E nulla più dell’arte ci permette di immaginare. Non a caso Mireille Delmas-Marty assieme a suo marito Paul Bouchet e ad un gruppo di artigiani, operai, avvocati è stata protagonista di quella straordinaria avventura umane e civile che è stata lo Château de Goutelas in Forez (Francia). Un castello restaurato con il lavoro di tantissimi volontari che è stato un magico luogo di “Creation et Recherche” e che aveva uno dei suoi pilastri nell’essere un centro residenziale sia per artisti sia per giuristi. Un luogo che anche fisicamente e umanamente ha costituito l’incontro del pensiero giuridico con l’arte.

LawArt: Torniamo un momento ancora sulla metafora. Come spiegate, qui la riflessione di Mireille Delmas-Marty presenta un ulteriore tratto di originalità: lei ricorre alle metafore del “vento” e della “bussola”, che non corrispondono a quelle tipicamente ricorrenti nei discorsi giuridici, come «fonti del diritto», «normativa alluvionale», «deriva interpretativa». Qual è la ragione a vostro avviso?

EF & CS: Per Mireille Delmas-Marty il diritto è un fenomeno sociale e i fenomeni sociali sono un coacervo di relazioni, forze, interessi, passioni, dinamiche. Ha sempre rifuggito quindi l’idea che la ricerca in campo giuridico dovesse riguardare i concetti statici e le essenze giuridiche (il contratto, il reato, il dolo, l’interesse legittimo ecc.). Ha insegnato, invece, che occorre cercare di tessere delle relazioni e descrivere delle dinamiche; basti pensare a quello che resta il suo capolavoro Les grands systèmes de politique criminelle del 1992. Si tratta di un libro tutto costruito attorno alle dinamiche prodotte dalle articolazioni di due coppie di relazioni fondamentali: criminalità/devianza e reazione statale/reazione sociale.

Di conseguenza l’universo idraulico (quello delle fonti del diritto per capirci) è sì in grado di formalizzare dinamiche, ma descrive una realtà troppo canalizzata (è il caso di dirlo) per corrispondere a quella che è la effettiva dimensione sociale del diritto. In particolare, noi crediamo, i liquidi hanno la caratteristica di non essere né comprimibili, né elastici e quindi offrono un campo metaforico non idoneo a spiegare le interferenze tra norme non risolvibili con il ‘semplice’ principio di non contraddizione (risoluzione di antinomie per specialità, gerarchia o cronologia).

Le interferenze normative non antinomiche sono invece una caratteristica essenziale dei fenomeni giuridici. Al punto tale che per Mireille Delmas-Marty un concetto chiave è quello di discontinuità normativa, nel senso che il punto di partenza è l’interferenza e occorre quindi trovare gli strumenti per gestire le ipotesi di discontinuità, in un universo in cui, evidentemente, la regola è la continuità normativa. Da qui il passaggio al “gassoso”, al mondo dei venti. Le norme, le forze che esse esprimono, e quelle a cui si contrappongono non descrivono infatti conflitti a somma zero. Le norme invece nel loro interferire sono comprimibili ed espandibili e si modificano elasticamente.

LawArt: Quale diversa visione (o precomprensione) del diritto dischiude l’uso di metafore come il vento o la bussola?

EF & CS: Dietro al passaggio dalle fonti ai venti c’è anche – sottotraccia – quell’afflato liberatorio tipico di Mireille Delmas-Marty di non farsi bloccare dai dogmi, di trasmettere che il diritto è rigore e poesia, è forza immaginante in grado di imporre idee, concetti e valori al discorso savant e a quello pubblico del tutto nuovi: dal pubblico ministero europeo all’as­segnare ad un fiume la titolarità di diritti suoi propri. Il diritto però è forma, è senso del limite e questo passaggio al gassoso per Mireille non doveva segnare un’evaporazione formale.

Al contrario vuole essere ricerca di una forma a dinamiche però troppo complesse da potere essere canalizzate. E questa forma la offrono la Rosa dei venti e la Bussola. Per concludere su questo punto siamo convinti che una delle più importanti innovazioni del pensiero e delle opere di Mireille sia stato proprio introdurre un ‘metodo metaforico’ che le ha permesso di rendere visibile l’invisibile e di introdurre una rivoluzione nella rappresentazione del diritto. Mireille aveva capito bene che le metafore aiutavano a rendere accessibile il diritto e a dialogare con altre discipline. In tale modo questo ‘metodo metaforico’, fatto di intuizione, ha permesso di innovare la comprensione del diritto penale, del diritto e non solo.

LawArt: Vorremmo ora capire meglio il dispositivo della bussola. Ci pare significativo che essa non abbia ago magnetico orientato secondo una direzione costante, proiettata su un quadrante orizzontale e bidimensionale, bensì si muova recependo in modo dinamico – quindi variabile – forze che interagiscono entro uno spazio complesso e tridimensionale, in cui piuttosto domina la direzione verticale-ascensionale. Tale configurazione del dispositivo-busso­la quale lettura del diritto intende suggerire? È un richiamo al valore del pluralismo e alla funzione dei principi?

EF & CS: Proviamo a rispondere congiuntamente alle due domande. In effetti la Bussola dei Possibili è così chiamata per la sua funzione di indicare un percorso, ma essa in realtà ha la meccanica di una girouette (in italiano dovremo dire “banderuola”, ma tradotto perderebbe quella accezione proattiva e animista che ha il termine francese). La Bussola gira in funzione dei venti, ma gira tutta e in tutte le sue componenti (l’innovazio­ne, ad esempio, non smette mai di girare, indipendentemente dal vento, solo la bonaccia la paralizza). Questi venti possono cambiare, alternarsi, scontrarsi, arrivare a raffiche, anche molto forti, e la “bussola” si comporterà di conseguenza senza troppo scomporsi. Questa (anti)bussola non è infatti una bandierina che va a seconda di dove il vento soffia, perché trova e mette in equilibrio le varie forze in gioco. Questo equilibrio è assicurato dal filo a piombo immerso in acqua che ne garantisce il parallelismo con la base (dove sono iscritti i valori fondamentali). Il corollario è che se il filo a piombo si dovesse spezzare, la bussola andrebbe fuori asse e alla prima folata si romperebbe tutto.

L’apparato simbolico è chiaro e potente. Il filo a piombo immerso nell’acqua è il diritto che attutisce le forze in gioco, e le tiene in equilibrio, mantenendole in asse con la base ottagonale su cui sono iscritti i principi fondamentali. È quindi evidente il richiamo al valore del pluralismo e alla funzione dei principi. Se tuttavia la bussola non ha un ago magnetico ha comunque un punto di attrazione, da cui ne dipende il corretto funzionamento, e questo è la gravità, che attrae il filo a piombo. E qui, a livello simbolico, sono possibili (almeno) due letture. La prima è che sia la persona, in virtù dell’Umanesimo giuridico che è sempre stato il faro di Mireille Delmas-Marty, a costituire il centro di attrazione del filo a piombo e quindi dell’equilibrio che il diritto è chiamato a svolgere. È possibile, tuttavia, pensare che il punto di attrazione sia proprio la massa terrestre: che sia, cioè, la madre terra il centro da cui dipende l’equilibrio.

LawArt: Se la bussola indica dove il diritto deve andare, chi produce le forze che ne orientano la lancetta? Chi ha il compito di leggere la bussola?

EF & CS: Per quanto concerne la prima domanda possiamo rispondere che le forze sono tutte quelle che animano il tempo presente, nessuna esclusa: le forze della mondializzazione, quelle innescate dalle crisi, ambientale, securitaria, finanziaria, ma anche quelle della mondialità, forze contrapposte ed entrambe compresenti che formano la rosa dei venti (libertà/sicurezza competizione/cooperazione, innovazione/conservazione, inclusione/esclusione).

Sulla seconda. La Bussola è un oggetto-manifesto, uno strumento che ha due ambizioni: una descrittiva del tempo presente e delle sue dinamiche e una prescrittiva per indicare il bisogno di trovare le forme di equilibrio delle forze in gioco e di farlo avendo a mente i valori, la centralità della persona e della Terra. Ognuno ha il compito di leggere la bussola ed ognuno sarà quindi libero di interpretarla alla luce della propria esperienza personale, psicologica, politica. Nelle varie presentazioni è stato molto interessante vedere la forza immaginante che ha prodotto la Bussola. Ad esempio, nell’idea di Mireille Delmas-Marty il centro di attrazione del filo a piombo simbolicamente è la persona, in virtù dell’umanesimo giuridico. Altri, invece, che l’hanno vista hanno proposto l’interpretazione, a cui abbiamo accennato sopra, che il centro possa essere la Madre terra.

LawArt: Ma allora, che cosa resta del rapporto tra diritto e potere politico?

EF & CS: Il problema è complesso. Per provare a rispondere crediamo occorra a monte farsi un’altra domanda, ovvero chiedersi che cosa resta del potere politico? La rifondazione dei poteri è tema presente a Mireille Delmas-Marty (e anche il titolo del secondo volume de Le forze immaginanti del diritto). In fondo fino a quando il potere politico ha avuto una assoluta centralità abbiamo assistito ad una tensione tra un “diritto-scudo” dagli abusi del potere politico e un “diritto-spada” attraverso cui perpetrare abusi del potere politico. Il ruolo del giurista e della società ha sempre avvertito forte questa anfibologia del diritto nel suo rapporto con il potere politico. Ma ora stiamo vivendo un cambio di paradigma. E noi crediamo non sia un caso che oggi al diritto ci si rivolge anche in virtù di quel difetto di potere politico rispetto a nuovi poteri dominanti, quello tecnologico in primis.

Oggi, mentre chiudiamo questa intervista, è il 27 di settembre 2023 e proprio ora la Grande Chambre della Corte di Strasburgo sta discutendo una causa in cui sei giovani persone hanno chiamato alla sbarra 32 Paesi membri per la violazione dei loro diritti fondamentali determinata dal mancato rispetto delle riduzioni di CO2 ed i conseguenti effetti sul cambiamento climatico. Chiaro che sono chiamati in causa gli Stati perché questi solo nel sistema della CEDU possono essere le controparti, ma in realtà quei sei giovani chiedono al diritto di fronteggiare poteri immensi, diluiti. Poteri senza responsabilità. Si pensi al potere tecnologico. In fondo i poteri economici e quelli politici hanno trovato nel diritto uno scomodo e ingombrante, ma ineludibile alleato. L’ambizione – molto concreta peraltro – del potere tecnologico invece è quella di sbarazzarsi del tutto del diritto e di gestire la conflittualità in autotutela.

Insomma, in queste poche battute non sappiamo bene cosa rimanga di quel rapporto: sappiamo però che il diritto, come diceva Mireille Delmas-Marty, non può certo fare tutto, ma può fare qualcosa per limitare e equilibrare dei poteri sempre più asimmetrici e informali e tali anche per una crisi sempre più profonda del potere politico ad esercitare sé stesso. La strada – anche questa tracciata Mireille Delmas-Marty – è quella di provare a riallacciare i poteri con le responsabilità.

LawArt: Voi siete entrambi penalisti come lo era Mireille Delmas-Marty; che implicazioni ha questa visione del diritto per il diritto penale?

EF & CS: Questo testo, più di altri, prende atto di una situazione di crisi. Lancia un messaggio, anche di metodo per i giuristi e per i penalisti. Mireille ricorda ad ogni penalista la propria responsabilità e l’importanza dell’essere umanisti, sempre. Riflettere, impegnarsi e osare con immaginazione.

Il libro e gli strumenti metodologici che contiene, esortano il penalista, lo invitano a uscire dal proprio ambito per comprenderlo meglio a partire dalla politica criminale, dal diritto comparato ma anche dalla poesia e dall’arte. Soltanto così il diritto penale può adempiere alle sue responsabilità ed essere un diritto che tutela le libertà, e si impegna per una cultura del limite.

Occorre andare oltre i propri confini disciplinari e non solo. Occorre vedere la realtà, mai negarla, così permettendo alla realtà di evolvere.

Mireille Delmas-Marty ragionava per problemi, non per discipline. Anche in questo testo Mireille invita il penalista e più in generale il giurista a pensare ai movimenti mettendo in dialogo il reale e l’immaginario sempre tenendo presente la validità pratica della sua idea e il potere suggestivo la sua formulazione. Fondamentale per lei rendere visibile il movimento, anche grazie all’arte, per mostrare il problema e cercare di risolverlo facendo appello all’Immaginario. Il diritto per Mireille è strumento a servizio dell’Umanità per osservare processi, movimenti e in definitiva «admettre que le chemin n’est jamais tracé d’avance».

Mireille, grande interprete del nostro tempo, esprime in queste pagine l’alto ruolo di civiltà del diritto e dunque anche del diritto penale, nella società e nella fondazione di una comunità umana solidale su scala mondiale. Il diritto come strumento per reagire ai cambiamenti della società, per forgiare nuovi strumenti e cornici di pensiero – come la sovranità solidale.

Anche dinanzi agli sviluppi attuali, alla società governata dalla paura in Europa e nel mondo, Mireille Delmas-Marty descrive la realtà. Anzi. Con la sua consueta tenacia, con il suo pensiero critico e la sua capacità immaginativa richiama i penalisti, i giuristi e, più in generale, gli esseri umani ad una responsabilità per immaginare una comunità interdipendente e solidale.

LawArt: C’è dunque una ripresa dell’idea – qui ci viene da pensare agli studi di Mario Sbriccoli sulla storia della scienza penalistica – di un compito civile, di una preoccupazione per la società da parte del giurista penalista nello svolgere il suo sapere specialistico…

EF & CS: Certamente. Il diritto penale e, più in generale, il diritto hanno un ruolo fondante e sono plasmati da ciascuno di noi e dall’impegno e dalle conoscenze di ciascuno di noi nel costituire una comunità umana mondiale. Per evitare il naufragio, ci insegna Mireille Delmas-Marty nel suo lungo viaggio tra i venti della mondializzazione, occorre essere consapevoli dell’interdipendenza e della solidarietà, essere capaci di accogliere un pensiero in movimento e di immaginare, senza alcuna arroganza, un nuovo Mondo.

Di qui il ruolo del penalista e del giurista, che deve però servirsi dell’immaginazione. Messaggio portante del pensiero di Mireille Delmas-Marty. “Le forze immaginanti del diritto” in divenire possono mantenere la rotta per rendere universali i valori che stanno alla base dei processi di umanizzazione, incrociando differenti saperi e culture.

Mireille Delmas-Marty ci ha fatto capire, come dicevamo poco fa, l’im­portanza di essere giuristi umanisti.

LawArt: Altro grande problema, su cui La bussola dei possibili fa riflettere, è quello appunto della portata universale della concezione umanistica del diritto. Voi sostenete che la prospettiva della ‘mondialità’ di Mireille Delmas-Marty sia al riparo da pretese universalistiche di tipo assoluto e, dunque, possiamo qui aggiungere, anche dal discorso egemonico che l’umanesimo occidentale ha mostrato di poter esercitare sugli altri mondi. Potete spiegarci perché? E ciò cosa implica?

EF & CS: Grazie per questa domanda, perché Mireille Delmas-Marty è sempre stata molto attenta a tale rischio, cercando altresì di immaginare percorsi giuridici pluralisti. Occorre ricordare l’importanza nel suo pensiero della differenza tra “universale” e “universalizzabile”, che richiedeva il passaggio da una visione statica a una visione dinamica del sistema giuridico. Dobbiamo dimostrare che ciò che può essere universalizzato non è l’affermazione di un obiettivo predeterminato da valori occidentali, ma è un progetto collettivo e pluralista che tende a riunire, poi armonizzare, visioni globali attorno a una base mobile.

La bussola ha il suo Nord nell’Umanesimo giuridico. Mireille Delmas-Marty offre così un vento di speranza e una via per orientarci. La centralità della persona trova sé stessa nelle due dimensioni dell’Umanesimo: diversità di ogni essere umano (singolarità) e uguale dignità. Proprio questo Nord di una bussola inusuale ci permette di navigare anche tra venti opposti, nel pot au noir, tra gli eccessi della libertà e quelli dell’eguaglian­za. La libertà da sola produce disuguaglianza e l’uguaglianza da sola annichilisce la libertà. Come afferma anche l’art. 3 della Costituzione italiana, è proprio la dignità a tenere assieme libertà e uguaglianza. Ecco, dunque, il filo che le lega: l’Umanesimo. Un Umanesimo, che su scala mondiale, non può che essere pluralista, sostiene Mireille Delmas-Marty, ricorrendo al concetto di mondialità (mondialité): non una visione culturale, non un impero mondiale, ma una comunità interdipendente, solidale. Unica e molteplice allo stesso tempo. Molteplice perché implica pluralismo, ma unica perché non basta giustapporre le differenze, ma occorre cercare di armonizzare le diversità.

In questo la mondialità, concetto che Mireille Delmas-Marty attinge dal poeta Edouard Glissant, si avvicina al pluralismo ordinato di Mireille Delmas-Marty, che avvicini le differenze senza sopprimerle, ma anche senza cadere in sovranismi senza sbocchi. Per tendere ad un mondo comune occorre preservare le differenze, cercando di renderle compatibili. È dunque l’opposto di una mondializzazione selvaggia e uniformante e di un pensiero egemonico. Diversi, interdipendenti e solidali e questo a condizione di integrare dei principi comuni e di sviluppare una consapevolezza di un destino e di un Avvenire comune. Ci sono diversi Avvenire possibili e l’Avvenire resta aperto all’Imprevedibile.

LawArt: Il saggio di Mireille Delmas-Marty è stato scritto prima che si concludesse l’esperienza della pandemia. Come si adatta la sua analisi allo scenario post-pandemico? Quali sono i potenziali fattori di ‘disumanizzazione’ da cui dobbiamo proteggere il diritto oggi?

EF & CS: Mireille ha varcato confini. Viaggiava in Iran, è stata tradotta in Cina, ascoltava con la stessa attenzione lo studente e il Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti.

Impegno, ascolto, riflessione. Voleva fare la differenza e ricordarci che il diritto non solo ha un ruolo fondante, ma è strumento per affermare un’etica del limite per l’essere umano, per la società e la comunità umana. «Le droit n’a pas tous les droits», ripeteva. Anche nell’osservare e affrontare le diverse crisi che attraversano il mondo ci ha mostrato l’importanza di non alimentare la cultura della paura, così come ci ha avvertito dell’importanza di non proteggersi da tutti i rischi.

L’emergenza pandemica, come altre emergenze, ha mostrato che occorre ritrovare la forza per una nuova comprensione del presente. Mireille Delmas-Marty aveva scritto un Manifesto per una «mondialité apaisée», individuando tre aggettivi per immaginare una responsabilità umana su scala mondiale: «tous différents, tous interdépendants, tous solidaires». Credo che tale messaggio contenga le indicazioni per aiutarci a non perdere la Bussola. Mireille ci dice di preservare le differenze, di riconoscere le interdipendenze, e promuovere le solidarietà planetarie.

Spetterà a questo diritto in divenire, ci dice Mireille, riconciliare i due opposti, la speranza e la paura. In modo che «la paura diventi solidarietà di fronte al rischio e che la responsabilità si apra alla speranza».

Nel 2003, nella sua lezione inaugurale al Collegio di Francia, all’indo­mani dell’inizio della guerra in Iraq, Mireille Delmas-Marty sottolineava la sfida per il diritto in un momento in cui «cedeva alla forza». È in quella lezione che ci ricorda la nostra responsabilità come giuristi, l’impegno che a questa deve corrispondere. Per una comunità umana, per un nuovo Mondo, il razionale non era sufficiente. Mireille ci ricorda l’importanza di cercare altrove, nell’arte, nella poesia «l’insurrezione dell’immaginario».

Grazie, dunque, a questa pensatrice per averci, in definitiva, insegnato la simbiosi tra diritto e materia, tra arte e diritto, per rendere visibile l’invisibile.

LawArt: Condividiamo pienamente il vostro senso di gratitudine. Desideriamo però ringraziare anche voi, per aver realizzato questo significativo “progetto sul progetto”, promuovendo il coinvolgimento in un dialogo così ricco e originale. E grazie per la disponibilità a discuterne con LawArt.